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Musica, danza, arte alle Terme di Diocleziano dal 14 settembre al 16 dicembre 2018

Il Museo Nazionale Romano, diretto da Daniela Porro, promuove l’innovativo progetto Ō presso la sede monumentale delle Terme di Diocleziano. Il ricco palinsesto è prodotto da Electa con la direzione artistica di Cristiano Leone.

Nel calendario di Ō concerti di tutti i generi musicali e performances di danza contemporanea per le sere a ingresso gratuito, che magnificheranno le Grandi Aule delle antiche Terme romane e i chiostri rinascimentali, là dove si cercava benessere e accrescimento dello spirito. Le domeniche incontri e performance sveleranno i segreti della creazione tra moda, design e architettura nello spazio del Planetario. Anche questi appuntamenti sono a ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

Ampio e diversificato, il programma di Ō è concepito come un’erranza artistica che attraverserà tutti gli spazi del monumento, esaltando simbolicamente la funzione originaria: il passaggio dal caldo al freddo.

In concomitanza con Ō, il 28 settembre apre al pubblico una mostra su uno dei momenti più rivoluzionari della storia dell’arte: l’influenza del primitivismo nella scultura del Novecento. “Je suis l’autre. Giacometti, Picasso e gli altri”, a cura di Francesco Paolo Campione con Maria Grazia Messina, si pone in continuità con la programmazione delle scorse stagioni. Il Museo Nazionale Romano persegue la promozione di grandi rassegne di arte moderna e contemporanea nelle maestose Grandi Aule delle Terme, in collaborazione con prestigiosi musei stranieri. È questa la volta del Museo delle Culture di Lugano.

“È difficile comunicare l’archeologia – spiega Daniela Porro – Crediamo che tutte le forme di arte contemporanea, e con Ō apriamo alla musica e alla danza, siano capaci di animare questi spazi storici e sappiano accordarsi con la storia millenaria con uno sguardo al presente.”

SCHEDA INFORMAZIONI

RASSEGNA Ō
MUSICA, DANZA, ARTE CONTEMPORANEA

PROMOSSO DA MUSEO NAZIONALE ROMANO WWW.MUSEONAZIONALEROMANO.BENICULTURALI.IT
DIRETTORE DANIELA PORRO FUNZIONARIO
RESPONSABILE
TERME DI DIOCLEZIANO ANNA DE SANTIS

DIREZIONE ARTISTICA
DELLA RASSEGNA CRISTIANO LEONE

PRODUZIONE ELECTA WWW.ELECTA.IT

PERIODO E SEDE DAL 14 SETTEMBRE AL 14 OTTOBRE 2018 (AD ECCEZIONE DEL 26 SETTEMBRE)

TERME DI DIOCLEZIANO
VIALE ENRICO DE NICOLA, 78 – ROMA N.B. LA SERATA DEL 2 OTTOBRE SI SVOLGE AL PLANETARIO

ORARIO DALLE ORE 19
PERIODO E SEDE DAL 21 OTTOBRE AL 16 DICEMBRE 2018
PER SEI DOMENICHE

PLANETARIO
VIA GIUSEPPE ROMITA, 8 – ROMA ORARIO DALLE ORE 11
INGRESSO FINO
A ESAURIMENTO POSTI GRATUITO

INFORMAZIONI WWW.O-TERMEDIDIOCLEZIANO.COM Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
/ @O.TERMEDIDIOCLEZIANO

 

L’interiezione Ō! esprimeva in latino un’ampia gamma di emozioni: gioia, dolore, desiderio, ammirazione, stupore. Un’invocazione, un’esclamazione!
Ō è una cellula, una monade, ma è anche un cerchio, un insieme, un anello, un girotondo. È l’ossigeno, l’acqua che scorreva nelle Terme di Diocleziano, è una bollicina. Ō è l’unione degli opposti, due persone che si abbracciano, è il disco del sole e della luna, la volta celeste, il segno del sacro, la strada ciclica degli dei, traccia del tempo eterno, del rito e del mito. Ō evoca le stagioni, ritma l’armonia dei pianeti.
Occhio, bocca. Una nota, una danza. Il centro della città. Una forma semplice e complessa, compiuta, primordiale.
Ō ha l’ambizione di ripopolare le Terme di Diocleziano, di vivificarle della presenza di donne e uomini che si ritrovano per farsi del bene. Come fu un tempo, le Terme saranno un luogo di unione, di prosperità, aperto a tutti.
Al posto dell’acqua, la musica scorre; al posto del vapore, i corpi invadono gli spazi.
Anche la programmazione riflette l’articolazione degli ambienti delle Terme: il pubblico percorre idealmente il tepidarium, il calidarium e il frigidarium, attraverso una serie di proposte confortanti, avvolgenti, perturbanti.
Tutti gli artisti internazionali che per un mese intero dialogano con gli antichi spazi delle Terme, presentano o dei lavori inediti o dei progetti totalmente ripensati per questo contesto straordinario. Il pubblico ha così l’occasione di scoprire ogni giorno un nuovo luogo, in un’erranza che lo conduce dalle imponenti aule delle Terme ai sontuosi, metafisici, chiostri rinascimentali, passando per il suggestivo Planetario.
Per assicurare che Ō offra tutte le emozioni promesse da questa interiezione polisemica, una moltitudine di generi musicali è presente: dalla techno all’elettronica, passando per l’afro, continuando con l’indie pop, il neofolk, la dabka, la dance, la musica classica, il dub… Lo stesso vale per la danza, che si declina tra contemporanea, acrobatica e hip- hop futurista.
Quattro parole d’ordine per tutto il mese, dal 14 settembre al 14 ottobre, come un invito: sperimentare, aprirsi, interagire, conoscersi.
A partire dal 21 ottobre, e fino a dicembre, questo slancio assume la forma di incontri settimanali domenicali. Durante questi appuntamenti, il pubblico è invitato a entrare negli universi della creazione. Si assiste in diretta alla realizzazione di una copertina di moda, si osservano gli oggetti e i materiali che influenzano un archistar, si esplora tutto l’iter creativo di uno studio di design, dal disegno alla lavorazione artigianale, ci si immerge in installazioni olfattive e visive.
Gli artisti e il pubblico sono invitati a esprimere il proprio concetto di benessere. Le loro idee, parole, immagini saranno diffuse e proiettate sui muri delle Terme, perché Ō è un progetto artistico di condivisione. Ō prende infatti vita quando la lettera diventa una parola, la cellula un tessuto, il punto un insieme infinito.

Cristiano Leone
Direttore artistico

PROGRAMMA  14 SETT.  14 OTT.

14 SETTEMBRE ANNA CALVI

Alternative pop

Progetto: Anna Calvi (voce/chitarra), Mally Harpaz (tastiere/percussioni/ bvs), Alex Thomas (batteria). (Anna Calvi sarà sul palco assieme alle tastiere e percussioni di Mally Harpaz e alla batteria di Alex Thomas)
Alle Terme di Diocleziano, il primo concerto mondiale per il suo ultimo album “Hunter” (agosto 2018).

Biografia: Voce ammaliante, accompagnata dall’inseparabile chitarra, Anna Calvi crea musica passionale, viscerale e intensa, e i suoi live lo confermano.
Dopo il successo dei suoi due album in studio, l’omonimo Anna Calvi del 2011, One Breath del 2013, e dell’Ep Strange Weather del 2014, la cantautrice e chitarrista inglese fa ritorno sulla scena musicale con il suo terzo album in studio Hunter, in uscita il 31 agosto 2018 via Domino Records e anticipato dal singolo Don’t Beat The Girl Out Of My Boy.
In pochi anni Anna Calvi è riuscita a ritagliarsi uno spazio tutto suo all’interno del panorama musicale contemporaneo.
Anna Calvi è una grande artista, una fuoriclasse.
Hunter, il terzo album dell’artista nominata ai BRIT Awards e a due Mercury Prize, Anna Calvi, sarà disponibile dal 31 agosto 2018 su Domino, distribuzione Self.
Prodotto da Nick Launay (Nick Cave, Grinderman) ai Konk Studios di Londra, con una produzione aggiuntiva a Los Angeles, l’album è stato registrato insieme alla band di Anna, composta da Mally Harpaz, che suona vari strumenti, e Alex Thomas alla batteria. Hanno inoltre collaborato Adrian Utley dei Portishead alle tastiere e Martyn Casey dei The Bad Seeds al basso. L’album è caratterizzato da una nuova freschezza, un’energia primordiale entro la quale la Calvi supera i limiti della sua chitarra e della sua voce, spingendosi oltre qualsiasi cosa abbia registrato in passato.
Hunter è l’incarnazione del sentimento del lasciarsi andare completamente.
Per la cantautrice e chitarrista britannica, è stata una catarsi, un’opportunità per essere maggiormente sincera. Primo lavoro dopo l’EP del 2014 con David Byrne, Strange Weather, il suo album di debutto omonimo e il seguente del 2013 One Breath, Hunter è un album viscerale che esplora la sessualità e la caduta delle leggi sul conformismo di genere. Album queer e femminista, Hunter stimola la ricerca della libertà. Un lavoro vulnerabile, ma al contempo forte e bellissimo. Anna fa però molta attenzione a non caratterizzare nessuno di questi tratti distintivi come “maschili” o “femminili” – il punto è che una persona, di qualsiasi genere,  possa essere entrambi. La forza sta proprio nel contrasto stesso; nel modo in cui oscilla tra gli estremi, mostrandosi più libera che mai. 
L’annuncio del nuovo album è accompagnato dal video del primo singolo Don’t Beat the Girl out of My Boy. Il brano è stato scritto pensando a come i bambini vengano condizionati a seguire i ruoli di genere sin dalla più tenera età – in particolare il processo doloroso imposto ai maschi di non piangere o mostrare emozioni.

15 SETTEMBRE MATT ELLIOTT & VACΛRME

Folk mitteleuropeo, sperimentale

Progetto: Incoraggiato da Murailles Music, l’incontro fra il folk stregato di Matt Elliott e le tessiture chimeriche di VACΛRME promette di avvolgere il pubblico nella foschia più sottile prima sorprenderlo con una pioggia d’ archi. In quindici anni e otto album, il compositore di Bristol si è andato affermando con la scrittura di “chansons-monde” autentiche che non temono di sfidare il limite dei dieci minuti. D’altro canto, il trio d’archi ha saputo reinventarsi costantemente dalla sua formazione nel 2012, sia in quanto trio sia in varie collaborazioni (Stranded Horse, Rone, Villeneuve & Morando).
In questo caso, poiché non si tratta di un accompagnamento convenzionale, VACΛRME svelerà l’essenza di una composizione musicale rara, scandagliando le melodie per avvicinarle il più possibile, penetrando nel legno degli strumenti. I mormorii di Matt Elliott s’insinueranno nei fori di violini e violoncelli, portandoli a emettere i loro lamenti più profondi.

Line up: Matt Elliott (chitarra, voce), Christelle Lassort (violino), Carla Pallone (violino), Gaspar Claus (violoncello).

16 SETTEMBRE LISBETH GRUWEZ

Danza contemporanea

Progetto: It’s going to get worse and worse and worse, my friend by Voetvolk | Lisbeth Gruwez.
Un discorso pubblico può essere un’arma potente. Nel corso dei secoli ha appassionato le masse spingendole all’azione, nel bene e nel male. Con la sola forza delle parole sono state provocate guerre e rivoluzioni. Ma un’orazione non coinvolge solamente chi ascolta: anche chi parla si sente trasportare in uno stato di trance. Si perde nel flusso verbale, nel suo parlare estatico e ossessivo. La forza di un discorso dipende spesso dallo stato di trance dell’oratore.
Nel suo It’s going to get worse and worse, my friend Lisbeth Gruwez racconta con la danza lo stato di trance provocato dall’estasi verbale, e per farlo utilizza frammenti di un discorso del televangelista ultraconservatore americano Jimmy Swaggart. All’inizio la parlata è amichevole e pacifica, ma il desiderio compulsivo di
persuasione dell’oratore trasuda disperazione, in un crescendo che finirà per svelare la sua natura più profonda: la violenza.
It’s going to get worse and worse, my friend è la prima parte del trittico di Lisbeth Gruwez sul corpo estatico, che comprende anche AH/HA (2014) e We’re pretty fuckin’ far from okay (2016). Raramente immagini, movimento, luci e suoni si sono rafforzati a vicenda in modo così potente.
Questo fa di It’s going to get worse and worse, my friend un fine capolavoro che è riuscito a trasportare la giuria in uno stato quasi magico. Jury Theaterfestival 2012 (selezione dei dieci migliori spettacoli della stagione) .

Biografie: Voetvolk è un gruppo di danza e performance contemporanea, fondato nel 2007 dalla ballerina e coreografa Lisbeth Gruwez e dal musicista e compositore Maarten Van Cauwenberghe, che si erano conosciuti nel laboratorio di Jan Fabre.
Il loro lavoro è una conversazione costante fra il movimento corporeo e auditivo: Gruwez e Van Cauwenberghe si dirigono a vicenda per raggiungere una simbiosi fra l’universo acustico e quello visivo/fisico.
Ad oggi, Voetvolk ha prodotto dieci spettacoli di cui sei sono attualmente in tournée. Il loro lavoro è stato rappresentato, fra gli altri, al Festival di Avignone, al Guggenheim di Bilbao e alla Biennale di Venezia.
Voetvolk è legato a Trouleyn|Jan Fabre e al Royal Museum of Fine Arts di Anversa in quanto “Compagnia residente”. Fra le altre residenze, passate e attuali, figurano il Royal Flemish Theatre, Les Brigittines, Arts Centre BUDA e STUK. Voetvolk è anche “artista associato” di Le Quartz – Scène National de Brest.
Oltre a Lisbeth e Maarten, il team di Voetvolk comprende Arnaud Vanrafelghem (produttore e tour manager), Anita Boels (collaboratrice amministrativa), Thomas Glorieux (direttore tecnico), Lucius Romeo-Fromm (assistente del direttore artistico) e Daan Borloo (assistente ufficio stampa e comunicazione).
Voetvolk è supportato da kc NONA, DEE Sound and Light, the Flemish
Community, the Flemish Community Commission e dal Belgian Tax Shelter.

Lisbeth Gruwez (1977) è una ballerina e coreografa belga. Si è avvicinata alla danza classica all’età di sei anni e ha studiato allo Stedelijk Instituut voor Ballet di Anversa, ottenendo un diploma di liceo abbinato alla formazione da danzatrice professionista. Conseguito il diploma, è entrata in P.A.R.T.S a Bruxelles per studiare danza contemporanea.
Nel 1999 ha iniziato a lavorare con Jan Fabre, unendosi ai suoi guerriers de la beauté. Dopo le sue esibizioni in As long as the world needs a warrior’s soul (2000) e Je suis sang (2001), è assurta a fama internazionale con Quando l’uomo principale è una donna (2004), creato appositamente per (e con) lei da Jan Fabre.
Oltre ad aver lavorato con Fabre ha collaborato con Ultima Vez (The Day of Heaven and Hell), Jan Lauwers|Needcompany (Images of Affection), Grace Ellen Barkey (Few Things), Riina Saastamoinen (Cry me a River) e Sidi Larbi

Cherkaui (Foi).
Nel 2007 ha fondato Voetvolk insieme a Maarten Van Cauwenberghe. Il loro lavoro è una conversazione permanente fra il movimento corporeo e auditivo, e ha l’obiettivo di raggiungere una simbiosi fra l’universo acustico e quello visivo/fisico.
Oltre a creare le sue proprie coreografie con Voetvolk, Lisbeth Gruwez ha danzato in i!2 di Arco Renz insieme a Melanie Lane e ha recitato come protagonista in Lost Persons Area, il primo film di Caroline Strubbe.
Gruwez ha ballato nelle videoclip di A Brand (Hammerhead), Juliette and the Licks (Death of a Whore, Dirk Braeckman (per la promozione della collezione invernale di A.F. Vandevorst) e MUGWUMP (At the Front). È anche una delle “KVS faces”, il collettivo di artisti e pensatori legati al Royal Flemish Theatre di Bruxelles.

17 SETTEMBRE ANTIGONE

Techno

Progetto: Electronic Ostinato.
Ci sono molti modi di approcciare un dj set, alcuni dj tentano di creare un’atmosfera di fibrillazione, presentare una raccolta di canzoni, di creare un movimento ripetitivo si sonorità e tessiture. Antigone si è recentemente concentrato sulle melodie, fondendo tracce multiple per creare melodie o nuovi schemi ritmici. Questo mix con diverse chiavi armoniche gli consente di fare emergere nuove tracce da diverse canzoni. Per questo show in particolare, Antigone si concentrerà su una selezione di musiche varie contenenti la maggior quantità possibile di melodie, creando così un pezzo unico nell’arte del mixare.

Biografia: In prima linea sulla scena Techno francese, oggi Antigone è una figura di riferimento per un’intera generazione di produttori e dj di musica elettronica.
Il suo ingresso nel mondo della musica elettronica è stato segnato dal successo dell’EP Forbidden Works pubblicato da Construct Re- form. In seguito, l’uscita di Menace of Species per Concrete Music lo ha immediatamente collocato fra gli artisti di spicco della scena contemporanea. Brani come As I Walk to You per Construct Re-Form, o il suo EP The Day the Sky Fell (per Indigo Aera) illustrano lo stile molto personale, melodico e malinconico delle sue produzioni. Il suo straordinario talento come dj ha aperto ad Antigone le porte di club e festival internazionali; ormai da cinque anni ha una residency al Concrete, dove continua a conquistare il pubblico con una selezione intensa e diversificata di tracce, confermando la sua solida reputazione artistica. Dal punto di vista musicale, la sua rapida ascesa e la calorosa accoglienza di tutte le sue produzioni fanno di Antigone un player emblematico della scena Techno francese. Fra le sue tante collaborazioni, un brano con PoleGroup (Compilation Unknown Landscapes Vol. 3 mixed by Exium); l’acclamato Cantor Dust, che ha segnato l’avvio della collaborazione di Antonin Jeanson con Token, il suo label di riferimento dal 2015; We Move As One per DEMENT3D in collaborazione con François X, suo collega e complice di lungo corso; recentemente, nel 2017, le sua capacità di remixer lo hanno spinto a rielaborare il classico di Slam Positive Education in occasione del 25° anniversario di Soma Quality recordings – e tanti altri sono i progetti in corso.
Ostinato, il suo quarto EP, esce in settembre per la sua etichetta madre Token, seguito da un album previsto entro quest’anno.

18 SETTEMBRE ADAM NAAS

Musica

Progetto: Adam Naas (artista), Christelle Canot (musicista), Louis Guego (musicista).

Biografia: Alcune voci spazzano via tutto lungo il loro cammino, ti fanno salire i brividi lungo la schiena raffreddando il sangue e infiammando i sensi.

Adam Naas ha solo ventiquattro anni, ma la sua voce è fenomenale.
Con il suo primo singolo, Fading Away, ha saputo catturare l’attenzione di pubblico e critica.
Il suo stile francese, la sua anima oscura e romantica non sono passate inosservate.
Cherry Lipstick è il suo nuovo singolo. Ogni linea dei suoi testi trasmette all’ascoltatore sentimenti intensi e onesti. Scrivendo da solo la propria musica, riesce a trasformare le sue esperienze personali in emozioni universali (amore, paura, inquietudine, speranza...).
Questi brani nostalgici e melanconici hanno definito la sua arte: un personaggio intimo, sorprendentemente sincero e soul-pop. La sua relazione d’amore con la musica non era predestinata. “Non ho iniziato a cantare prima di poter camminare”, sorride “e non c’erano musicisti nella mia famiglia. Ma sono cresciuto con Nina Simone – mia madre l’ha ascoltata molto – e con la musica che mio fratello maggiore suonava”. Grande fan di Sister Act II e della giovane cantante Lauryn Hill, è cresciuto con il suo album cult, The Miseducation of Lauryn Hill.
Quando ha ascoltato l’inno mozzafiato di Sam Cooke per i diritti civili del 1964 ha avuto una rivelazione. “Mi sono reso conto che se voglio fare musica, devo essere intenso e onesto”. Molto presto, la musica è diventata il suo mezzo di comunicazione e di espressione.
La sua voce profonda e sensuale accarezza la pelle, è carnale, ti entra dentro. Il suo mondo è un buco nero di sensazioni e sentimenti, tanto attraenti quanto disturbanti.
Oggi il ragazzo timido è diventato un superbo crooner, capace di proiettare un fascino e appeal di cui solo lui sembra inconsapevole.

19 SETTEMBRE OMAR SOULEYMAN

Elettronica, dabka

Progetto: Dopo Bahdeni Nani del 2015, Souleyman esce con il suo terzo disco full-length prodotto in studio, To Syria, With Love. Qui si allontana – sia dal punto di vista delle musiche che del testo – dal suo precedente materiale, concentrandosi maggiormente sulle tastiere e sugli elementi techno. Mettendo completamente da parte la politica, Souleyman condivide con consapevolezza questa sua ode al paese natale, enfatizzando il legame emotivo con il paese e con la gente esprimendo al contempo il suo dolore per lo stato attuale in cui versa la nazione.
“Me ne sono andato sei anni fa, e sono stanco di provare nostalgia e di preoccuparmi per i miei cari. La mia anima è ferita, è come avere gli occhi pieni di polvere”, canta Souleyman sull’album. “Siamo esiliati e le nostre notti sono lunghe. La nostra patria è la nostra sola consolazione. La vita ci ha fatto soffrire così tanto – le ferite sono troppe, ognuna è un grido che dice “«Ci manca Al-Jazeera»”.
Sovrapponendosi ai complessi arrangiamenti elettronici di Hasan Alo, la nuova musica è accompagnata dai testi poetici scritti dal collaboratore di lungo corso di Souleyman, Shawah Al Ahmad. Le sonorità della dabka e della baladi eseguiti a media e ad alta velocità si ritrovano in tutto il disco, in cui Souleyman esprime il profondo desiderio di pace collettiva.

Biografia: Souleyman, che ha collaborato con Björk e Four Tet ha iniziato la sua carriera cantando ai matrimoni, pubblicando quasi 500 album live prima che la guerra civile scoppiasse nella sua Siria, nel 2011. Trasferitosi in Turchia, nel 2013 esce con Wenu Wenu – su Ribbon/Domino – album definito da NPR “...un jam così viscerale, entusiasmante e intenso, da rendere la questione misteriosa dei confini terreni un argomento sostanzialmente inesistente”. La release del 2015, Bahdeni Nami ha ricevuto il plauso della critica, compreso il “Guardian” che ha scritto: “È talmente veloce che l’unica reazione è mettersi a dimenare gambe e braccia. Le melodie, al contempo bollenti e abrasive, paiono vibrare all’infinito, come un canto rauco di uccelli”.
Ha rafforzato il suo crescente status di icona musicale a livello mondiale creando un seguito internazionale grazie ai suoi tour e alle performance nei principali festival fra cui Glastonbury Bonnaroo, Pitchfork Parigi e Roskilde. Dalla nascita, nel 2013, dell’organizzazione di beneficienza “Our Heart Aches for Syria”, che lavora in collaborazione con Medici Senza Frontiere, Souleyman ne è stato un fervente sostenitore.
Lo stesso anno si è esibito in Norvegia al concerto del Premio Nobel per la Pace, assegnato all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche.

20 SETTEMBRE JAN MARTENS

Danza Contemporanea

Progetto: Jan Martens presenterà estratti di Rule of Three (2017) e Sweat Baby Sweat (2011) e, a completare il tutto, un pezzo esclusivo del soprammenzionato Rule of Three che verrà mostrato per la prima volta al Museo Nazionale delle Terme di Diocleziano di Roma.
Rule of Three è una performance di danza che si colloca a metà strada fra un concerto e una raccolta di novelle, storie scritte con l’ausilio di tre o quattro corpi, luci, costume, testi e musiche a cura del batterista e compositore NAH. Una meditazione libera che, rispecchiando i tempi, è un gioco di contrasti.
Sweat Baby Sweat è una performance sull’amore. Un duetto quasi provocatoriamente lento in cui un uomo e una donna fondono potenza acrobatica e vulnerabilità mentale: uno sguardo sull’amore, oltre ogni cliché.
I lavori saranno adattati al contesto antico del museo. Il pubblico potrà decidere quanto avvicinarsi e che grado di intimità raggiungere con la scena.

Biografia: Jan Martens (nato in Belgio nel 1984) ha studiato alla Fontys Dance Academy di Tilburg e si è diplomato in danza all’Artesis Royal Conservatoire di Anversa. Nel 2010 ha iniziato a creare le sue proprie coreografie che sono state rappresentate con frequenza sempre maggiore di fronte a platee nazionali e internazionali.
Il lavoro di Jan Martens si nutre della convinzione che ogni corpo è in grado di comunicare, ogni corpo ha qualcosa da dire. In ogni sua nuova creazione tenta di ridisegnare la relazione fra il pubblico e l’artista.
Dopo il suo primo show I Can Ride a Horse Whilst Juggling So Marry Me (2010), ha ideato moltissime coreografie – assoli, duetti e lavori di gruppo, i cui più recenti sono The Dog Days Are Over (2014), Ode to the Attempt (2014), The Common People (2016) e Rule of Three (2017). Jan ha da poco iniziato a lavorare su Passing the Bechdel Test, un pezzo per 13 giovani f/x in cui testo e movimenti sono al servizio di tematiche quali l’omosessualità, lo stereotipo, il femminismo, i modelli di ruolo, l’accettazione. Il pezzo, prodotto da Grip e Fabuleus, debutta a novembre 2018.
Martens ha il ruolo di direttore artistico della piattaforma di coreografia GRIP, che produce e sostiene il suo lavoro, promuovendo inoltre lo sviluppo artistico dei seguenti professionisti: Bára Sigfúsdóttir, Steven Michel and Michele Rizzo. Ha vinto il North Brabant Prize of the Prins Bernhard Cultuurfonds (2014) e il prestigioso Charlotte Köhlerprijs (2015) per la sua opera. Dal 2017 è “Creative Associate” al deSingel International arts campus, ruolo che manterrà fino al 2021, e “Artiste Associé” a CDCN Le Gymnase a Roubaix, Nord-Pas-de-Calais con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Comunicazione (2016-2018).

21 SETTEMBRE SIGHA e KANGDING RAY

Techno, sperimentale

Progetto: Sigha & Kangding Ray sono Neon Chambers.
Due delle principali stelle della techno contemporanea uniscono le forze per formare uno show completamente nuovo, imperniato sulla fusione di sonorità future e sintesi di precisione destinata alla dancefloor più avveniristica. Entrambi gli artisti si sono costruiti una carriera fruttuosa scandagliando lo spazio fra il sound  design a tutto tondo e le sonorità più industriali da dancefloor, spesso sovrapponendo tematica ed estetica.
Il progetto di David Letellier, Kangding Ray, è noto soprattutto per i lavori legati a Raster-Noton & Stroboscopic Artefacts, e per i remix per Mute & Warp Records; mentre l’ultimo lavoro di Sigha – vero nome James Shaw – l’LP del 2017 Metabolism, acclamato dalla critica e uscito per Token, rappresenta il meglio dell’artista britannico, una straordinaria dimostrazione di conoscenza emotiva e competenza tecnica. L’accoppiata promette di spingere più in là i limiti del genere: un’entusiasmante avventura tecnologica da parte di due artisti in piena forma che vede entrambi i produttori volgere lo sguardo in avanti pur rimanendo saldamente radicati alla pista da ballo.

Biografie:
Sono pochi i musicisti capaci come David Letellier di esplorare le convergenze fra musica techno e sperimentale. Noto come Kangding Ray, produce da quasi un decennio, esclusivamente su Raster-Noton e Stroboscopic Artefacts. La linea estetica di queste due label rappresenta in modo emblematico le sonorità complesse di Kangding Ray – si tratta di un’estetica che mette alla prova i suoi stessi confini, evolvendosi incessantemente nell’esplorazione delle tessiture, del ritmo e del sound design. Le basi di Letellier – il rock e la musique concrète – conferiscono alla sua musica una vitalità e un’originalità che ha conquistato i fan di
tutto il mondo, dagli amanti dell’avant-garde-electronica fino ai clubber più appassionati. KR è anche noto per i suoi remix di artisti come Battles on Warp, Ben Frost su Mute o Inigo Kennedy su Token. Chi segue Letellier dal suo album di debutto nel 2006, Stabil, riconoscerà non solo il suo approccio meticoloso al sound design, in costante evoluzione, ma anche la profondità concettuale che caratterizza le sue produzioni. Con una serie di EP e album recenti, culminati con l’acclamato Solens Arc, KR ha dimostrato la sua capacità di tener fede al suo approccio artistico pur producendo tracce da club, dirette e potenti, e paesaggi sonori scuri e cinematografici.
Con Cory Arcane del 2015 ha spinto ancora più in là i limiti del suo sound. Abbandonando le strutture ritmiche standard e i modelli tonali convenzionali, ha prodotto quello che è forse la sua creazione più sofisticata ad oggi: un universo ruvido e viscerale che consente un dialogo più fluido fra l’anima e le macchine.
Hyper Opal Mantis del 2017, uscito su Stroboscopic Artefacts, segna una nuova era per Kangding Ray, che qui esplora la tensione fra naturale e artificiale, fra corpo e mente – temi centrali nella musica elettronica in generale e nella techno in particolare. I mezzi della creazione, concentrata sulla tecnologia e le interazioni con le macchine, sono in contrasto con la risposta emotiva al suono, con le ritualità mistiche della danza collettiva, con l’ethos della liberazione e della tolleranza insite nella cultura che le ha prodotte.
Come lui stesso si descrive in una recente intervista: “Da un paio d’anni a questa parte ho iniziato a muovermi verso le frange più esterne della club culture, laddove questa si avvicina a vari generi sperimentali e d’avanguardia. Ho intenzione di continuare a esplorare quell’area da battitore libero, ma volevo anche restituire qualcosa alla scena, qualcosa di forte, di bello e utile al tempo stesso, con abbastanza carattere da risultare entusiasmante.”
Da qualche tempo a questa parte Sigha (DJ and Live - Our Circula Sound, Token, Blueprint - London, UK) è andato esplorando la relazione fra funzionalità e arte nel genere techno. James Shaw è emerso dalla fiorente scena londinese post-Dubstep nel 2009, con una serie di release eseguite con grande cura che da subito hanno evidenziato l’interesse incessante del produttore nei confronti del sound design più complesso e delle tonalità più studiate.
Al cuore del lavoro contemporaneo dell’artista si trova la nozione di metodo, di sviluppo umano e catarsi rituale attraverso la ripetizione. Un elemento essenziale dell’approccio artistico di Shaw è la spiritualità esoterica. Il sobrio massimalismo e la profondità cavernosa delle sue recenti produzioni da dancefloor traggono ispirazione tanto dai tradizionali luoghi di culto quanto dall’architettura irruente, brutalista dei luoghi europei del clubbing.
Fissati alla base da potenti linee di basso, i segnali distorti del white noise si elevano e avvolgono le periferie sonore mentre i motivi dominanti profondamente emotivi – ormai un suo tratto caratteristico – innalzano e fanno della sua musica molto di più che la mera somma delle sue parti.
Oltre al suo lavoro come produttore, Shaw ha talento da vendere sia come DJ che come live performer. I set veicolano la stessa straordinaria energia dei lavori registrati dell’artista, alternando uno stile prolungato di mix a momenti di dinamismo intuitivo, per costruire un crescendo di tensione sulla pista. Durante i live, Sigha usa molti strumenti, vitali per il suo metodo di produzione, amalgamando una complessa sintesi modulare a una serie scelta di drum machines e effetti per offrire al pubblico una versione coesiva e profondamente moderna di una performance techno dal vivo.
Nel corso degli anni l’articolazione dei vari alias di Sigha è servita a creare la sua visione di uno spazio in cui gli ideali romantici del post-Rock e della New Wave possano convivere insieme alla techno industriale più decisa, alla Noise e alla Drone in senso ampio. Se sotto l’alias A Vision of Love Shaw esplora le sonorità più industriali, su una serie in due parti per la label Avian di Guy Brewer, il suo lavoro firmato Faugust lascia invece intravedere le sue tendenze più squisitamente cerebrali con una serie di registrazioni proto-Shoegaze.
In quanto Sigha, alleatosi con la leggendaria etichetta Blupeprint di James Ruskin – che ha ospitato anche i protagonisti della scena Surgeon & Oliver Ho, ha prodotto una serie di creazioni aperte, pescando dalla ricca tradizione della techno moderna e propulsiva. A Series of Desecrations, uscita su Our Circular Sound, di proprietà dello stesso produttore, è probabilmente la lavorazione più curata della sua produzione più apertamente aggressiva – creata evitando la registrazione in alta fedeltà e scegliendo invece una finitura asciutta, caustica, per dipingere un ritratto puro e inalterato del genere in quanto musica da club.

Ulteriori release su etichetta Avian perfezionano questo approccio bipartitico all’estetica della produzione. The Purification Loops del 2014 sottolinea gli elementi più decisi del lavoro di Shaw – con le forti percussioni elettroniche a costituirne la spina dorsale e scoppi di white noise che appare e scompare dagli arrangiamenti. Droni furtivi e un uso attento del riverbero collegano questo materiale e le derivazioni techno nella release dell’anno successivo. L’EP offre un esame più introspettivo sia della discografia dell’artista sia del genere in sé.
Come suggerito dal titolo, la musica si ispira ai presupposti più riconoscibili del canone della techno – ma tende anche a rimescolare le idee più tradizionali su forma e struttura. Il kick drum, onnipresente, picchia forte – oppure talvolta semplicemente non esiste e lascia lo spazio alla linea del sintetizzatore che si insinua fra le sonorità, sconnessa e inconsueta, provocando un crescente senso di soffocata isteria.
Più recentemente, Shaw ha trovato una nuova casa per le produzioni come Sigha: l’etichetta belga Token. Da molti punti di vista le recenti release Our Father e Christ Figures possono sembrare una sorta di sunto – un distillato ricco e metodico delle più sottili sfaccettature del lavoro dell’artista. Impregnato degli stessi, potenti ideali di romanticismo e rigenerazione ma con un tocco decisamente concreto, il materiale porta tutti i segni distintivi di un artista che sta per compiere un nuovo passo creativo.

22 SETTEMBRE IN AETERNAM VALE

Dance elettronica

Progetto: From machines to music.
All’inizio gli interruttori e i potenziometri servivano per definire i punti di partenza e avviare gli attivatori nel settore, per far girare i processi automatizzati. Questi processi ideati per la produzione di beni emettevano suoni, come moderni mantra. In Aeternam Vale usa questi stessi interruttori e potenziometri per spingere i suoi strumenti elettronici a imitare i suoni delle macchine e a produrre i mantra automatizzati che evocano i processi organici ripetitivi del corpo e dell’anima.
La sera del concerto In Aeternam Vale suonerà le sue macchine elettroniche modulari per costruire un live show in tempo reale composto da improvvisazioni e tracce prese dal suo repertorio.

Biografia: Sostanzialmente progetto di una singola personalità (il cui vero nome è Laurent Prot), In Aeternam Vale è stato creato a Lione nel 1983 sotto la forte influenza del nichilismo punk-rock, del roboticismo di Kraftwerk e dell’industrialismo freddo e aggressivo.
Unendo l’EBM, la proto-techno e il dark pop sintetizzato, Laurent Pro faceva musica audace già negli anni ottanta, e la sua influenza è stata recentemente equiparata (da artisti come Silent Servant, Regis e James Ruskin) a quella esercitata da Detroit nell’attuale panorama della musica elettronica.
In Aeternam Vale è stato oggetto di un revival underground negli ultimi cinque anni. Grazie alla proliferazione di registrazioni su cassetta che risalgono fino al 1984, il suo lavoro sta vivendo una seconda vita su Minimal Wave, Jealous God e altre etichette contemporanee. La Contort Records di Samuel Kerridge ha fatto uscire il memorabile live di IAV al Berlin Atonal nel settembre del 2014.
“La sua sintesi di techno, post-punk e drone è documentata sulla release Pink Flamingos (Quietus)” di DEMENT3D apparsa nel 2016, seguita da dischi come Je Ai Dissous del 2016, che è il risultato della collaborazione con Anneq, una giovane vocalist di Minsk che ora vive e lavora a Madrid, e più recentemente 2,3,7,8, Khemia Records e Funkytown su DM3D.


FRANCESCO TRISTANO PRESENTS P:ANORIG Elettronica e classica

Progetto: Il pioniere della musica ibrida classica ed elettronica Francesco Tristano cambia il concetto di scenografia per la sua musica.
Il rig sostiene l’attrezzatura di Francesco, che comprende tastiere e apparecchiatura live e costituisce l’elemento centrale del palcoscenico. Si tratta di una struttura portatile dalla forma ispirata a un pianoforte a coda, ideata e prodotta a Barcellona da Villablanch, studio di design fra i più importanti e punto di riferimento essenziale degli ultimi quindici anni. Vb è stato oggetto di grandi attenzioni da parte dei media, ottenendo numerosi riconoscimenti e partecipando a conferenza. P:ANORIG è il nuovo concept show di Francesco Tristano, in cui l’artista reinventa la sua performance di live techno, portandola a un livello superiore.
P:ANORIG dev’essere immaginata come un’installazione artistica: il risultato di un lavoro collettivo fatto di musica, luci, architettura e interior design, il tutto espresso in linguaggio minimalista.
Attraverso l’oggetto, la musica completa la composizione, e la pista chiude il cerchio.
Con nuove produzioni che mettono in luce l’abilità di Francesco come tastierista, la musica respira all’unisono con la struttura che la contiene.
P:ANORIG ha un ritmo tutto suo e invita all’interazione con lo spazio. Francesco Tristano è al centro di un nuovo movimento che prescinde dai confini delle scene musicali classiche ed elettroniche. Come compositore, produttore, pianista e live performer ha lavorato con artisti affermati del calibro di Ryuichi Sakamoto, Luciano, Derrick May, Carl Craig, Moritz von Oswald, Murcof, oltre alla Russian National Orchestra e alla Deutsche Symphonie Orchester di Berlino. È anche autore di diversi album di musica sua e di interpretazioni di Bach.
Assecondando l’essenza della techno, le luci ne inseguono le caratteristiche: semplicità, minimalismo e potenza del ritmo, invitando lo spettatore a fare l’esperienza di una continua evoluzione che acuisce le sensazioni e l’entusiasmo per lo show.
L’allestimento delle luci sarà una composizione semplice ma visivamente potente, che circonderà il palco interagendo con il P:ANORIG.

Biografia: Francesco Tristano è un compositore, produttore e virtuoso del pianoforte che nei suoi lavori supera i confini che dividono musica classica ed elettronica. Vero e proprio pioniere, ha collaborato con artisti del calibro di Ryuichi Sakamoto, Luciano, Derrick May, Carl Craig, Moritz von Oswald, Murcof, oltre alla Russian National Orchestra e alla Deutsche Symphonie Orchester di Berlino. è anche autore di diversi album di musica sua e di interpretazioni di Bach. Ispirandosi a queste esperienze, Francesco presenta oggi il suo live act elettronico più completo: P:ANORIG.
Assecondando l’essenza della techno, le luci ne inseguono le caratteristiche: semplicità, minimalismo e potenza del ritmo.

24 SETTEMBRE OCTAVE ONE

American techno
Progetto: Octave One presenta Never On Sunday.
Spostandosi dalla dancefloor che picchia forte per entrare nella consapevolezza, Octave One arriva con Never On Sunday. Dopo il debutto nel 1991 sulla label di Carl Craig Retroactive, la missione dei fratelli Burden con questa creazione elettronica è non di muovere il corpo, come nel loro famigerato progetto Octave One, bensì la mente. Con il loro primo singolo dal titolo The Journey, Never On Sunday ha iniziato il suo viaggio che presto ha prodotto l’EP del 1992 Day by Day con le tracce Jackie’s Theme, Urban Rains, Carnal Pleasures, In The Breeze (featuring Lisa Newburry), e l’apprezzatissima Seduced by Madness.
Never On Sunday, progetto latente fin dai tempi del debutto negli anni novanta, tornerà con una full length release nel 2019, con un debutto mondiale live nella speciale esibizione romana di settembre.

Biografia: Le elettrizzanti live performance di Octave One sono uno dei motivi per cui questi produttori nati e cresciuti a Detroit sono richiesti ovunque e costantemente. Sul palco, Octave One trasforma sintetizzatori e sequenziatori in diffusori di ritmi funk, house e sinfonici. Il live show è una riconferma di ciò che i fan di lungo corso sanno già da tempo. Oltre alle performance dal vivo, Octave One è autore di alcuni classici da dancefloor che hanno definito un’epoca. Con un’ondata di musica nuova e un tour globale nel 2018, i fratelli Burden, sotto il nome di Random Noise Generation, stanno per uscire con un nuovo album dal titolo Endustry e il live show di riferimento.
Octave One è una creatura di Lenny e Lawrence Burden, i due membri principali. I fratelli Burden sono apparsi con prepotenza sulla scena techno di Detroit nel 1990 producendo il loro brano di debutto I believe, che figurava sulla compilation Techno 2: the Next Generation. L’album collettivo comprende anche diversi contributi dei fratelli Lynell, Lance e Lorne Burden. La loro hit Black Water del 2001 ha venduto oltre un milione di dischi nel mondo. Little Louie Vega, Danny Tenaglia, Jeff Mills e Richie Hawtin sono fra i DJ che continuano regolarmente a inserire Black Water nei loro set. Il gruppo si è anche guadagnato il plauso della critica per numerosi dischi fra cui Empower, Nicolette e The X-files.
I Burden hanno anche fondato 430West/Direct Beat Records nel 1990, un’etichetta di dischi che ha aperto la strada alla diffusione degli indies negli anni novanta. Il vasto catalogo di 430 West comprende lavori che vanno da My A.U.X. Mind di Aux 88 a Jaguar di Rolando – quest’ultimo conteneva un remix di Octave One. Octave One ha remixato tracce per Massive Attack, Steve Bug, Aril Brikha, Vince Watson, The Trammps, Rhythm is Rhythm e Inner City. I Burden hanno anche pubblicato musica con il nome Random Noise Generation, fra cui un progetto full length DVD/ CD di Octave One featuring Random Noise Generation Off The Grid, in collaborazione con Tresor Records.
Dopo decenni di tournée e di creazioni musicali, lo spirito e l’energia essenziale del lavoro sono gli elementi che tengono costantemente in vita l’ispirazione dei due fratelli, che continuano a creare e a girare per il mondo... “Una volta che ti prende non puoi più fermarti neanche se lo
vuoi”, dicono i fratelli. Il loro album del 2015, Burn It Down ha spinto un po’ più in là i limiti dei pilastri del funk e del soul presentando la band a una nuova generazione. Su Jazzo/Lose Yourself, con un remix di Paul Woolford e i vocals di Ann Saunderson, Octave One fonde l’atmosfera intima della produzione in studio con l’immediatezza del live. Un effetto ottenuto “allestendo un DJ Set in uno studio di registrazione dal vivo”, afferma Lawrence.
È del 2016 la release Just Don’t Speak, un brano-bomba arricchito dal suono sofisticato degli archi e dai vocals di Saunderson, lanciata da Pete Tong nel suo programma su Radio 1 della BBC. Edificante e meditativa, la traccia è una fuga nelle sonorità e nei ritmi più sostenuti. I Burden traggono tutta la loro energia dai sold-out ottenuti in decine di città in Europa, Giappone, Regno Unito, Australia e Stati Uniti.
“Non smettiamo mai di interrogarci sui limiti delle performance live, che tentiamo di spostare sempre più nella direzione della cultura dance mainstream, testando le possibilità di incrociare altri generi musicali”, afferma Lawrence. “L’idea di fusione risulta sempre più interessante ai nostri occhi. Quando pensiamo alla dance ci chiediamo cosa spingeva i nostri genitori a ballare sulle note dei vari Barry White, Earth, Wind & Fire, Elton John ecc.”.
La miriade di live di Octave One si rispecchia nei processi del lavoro in studio. Nel 2016 hanno partecipato a una performance speciale con i membri della Tonhalle Orchestra condotta da Stephen Hussey. La primavera scorsa, la band è stata co-headliner all’Electronic Stage of Rock con Carl Cox e al 909 Festival di Amsterdam con Jeff Mills. Recentemente hanno visto la luce i loro remix di Who’s Afraid of Detroit di Claude Von Stroke, Booster di Luke Slater/Planetary Assault System e Way of Life di Dave Clarke.
Sia Lenny che Lawrence hanno avuto una formazione da musicisti, iniziando presto a interessarsi al Djing e alla programmazione oltre a inventarsi il proprio sound equipment. “Il nostro set è unico perché abbiamo creato un setup che imita la batteria”, dice Lenny. Le loro performance sono osannate dalla critica. “Se avrete mai la fortuna di assistere a uno dei loro show, così carichi di energia, fate in modo di godere dell’esperienza diretta e tenete da parte gli stream su YouTube per più tardi”, ha scritto un giornalista. Octave One è molto più di una band elettronica; è un’esperienza che non potrete non voler ripetere, un’esperienza che sfida i confini dello spazio, del suono e della possibilità della musica in tempo reale.

ISTITUTO ITALIANO DI CUMBIA

Cumbia contemporanea

Progetto: L’Istituto Italiano di Cumbia All Stars è il collettivo che esegue dal vivo la musica di Istituto Italiano di Cumbia Vol. 1, la prima compilation di Cumbia contemporanea prodotta in Italia.
Deus ex machina dell’Istituto Italiano di Cumbia è Davide Toffolo, illustratore, scrittore, musicista e produttore discografico di comprovato valore, noto per le sue graphic novel e i fondamentali album incisi con i Tre Allegri Ragazzi Morti. Davide Toffolo è da anni un appassionato ascoltatore di cumbia e musica latina, oltre ad amare la cultura del Sud del mondo e in particolare delle lontane Americhe. L’amore per la cumbia ha portato Davide Toffolo e la sua etichetta discografica, La Tempesta Dischi, a partorire un nuovo marchio, La Tempesta SUR, specializzato in musica proveniente dal Sud del mondo o ispirata a tale cultura musicale, in questo caso alla cumbia.
Alla compilation Istituto Italiano di Cumbia All Stars vol.1, fondamentale per la crescita della cumbia in Italia, hanno preso parte le più note realtà di questo sound latino presenti nel nostro territorio: Mr. Island, Cacao Mental, Los3saltos, Ucronic e Franiko Calavera.
Sul palco l’Istituto porta artisti provenienti da diversi gruppi, come Malagiunta (Filo Q e Paquiano da Genova e Buenos Aires), Kit Ramos e Iasco dei Cacao Mental (Milano), i Los3Saltos (Roma) e Davide Toffolo, cantante dei Tre Allegri Ragazzi Morti e promotore del progetto.
Un’ora e mezza di musica per ballare ed entrare in connessione con la nostra selva interiore. Classici e brani originali senza soluzione di continuità.

27 SETTEMBRE AMALA DIANOR

Danza contemporanea

Progetto: Creazione 2018. Spettacolo per 23 danzatori/danzatrici. Coreografia: Amala Dianor.
23 interpreti:
- Studenti 2017/2020 della Scuola del Centre national de danse contemporaine CNDC di Angers
- Spettacolo The Falling Stardust: Lucie Dubois, Baptiste Lenoir, Charlotte Louvel, Sandra Mercky, Keyla Ramos, Yukie Spruijt, Jeanne Stuart, Elena Thomas.
Musica: Awir Léon
Premessa artistica: “Nell’ambito di questo progetto al crocevia delle arti classiche e contemporanee, vorrei coinvolgere un gruppo di giovani danzatori/danzatrici formatisi presso la Scuola di danza del Centre national de danse contemporaine di Angers (CNDC). Questi studenti, futuri interpreti professionisti, utilizzeranno la mia gestualità e la mia tecnica di danza restituendole sotto forma di improvvisazioni colorate e gioiose in diversi punti significativi del sito. Prenderanno parte al progetto anche gli otto protagonisti dello spettacolo The Falling Stardust (creazione 2019), arrivando quindi a un significativo corpo di ballo costituito da 23 danzatori”.

Biografia: Ballerino hip hop, Amala Dianor si è formato al CNDC nel 2000. Da performer in svariate produzioni (dall’hip hop alla neo-classica, dalla danza contemporanea all’afro-contemporanea) si è fatto rapidamente un nome nella comunità della danza.
Nel corso di questi anni, Amala è andato perfezionando la sua scrittura, passando con maestria da una tecnica all’altra, lavorando sodo per costruire ponti che collegassero questi vari mondi. Con la compagnia C dans le C ha coreografato (o co-coreografato) i suoi primi spettacoli. Nel 2012 ha creato Crossroads (vincitore del secondo e terzo premio del Concours renaissance) oltre alla sua compagnia, la Amala Dianor Company con cui ha sviluppato il suo lavoro come coreografo.
L’anno successivo ha creato Parallèle, un quartetto femminile di danza al Centre National de la Danse. Nel 2014 ha coreografato il duo Extension della scena dell’hip hop francese. Lo stesso anno crea ed esegue il suo primo show da solista, Man Rec, che debutta al festival di Avignone.
Nel 2015, la compagnia lancia un progetto regionale dal titolo A Wink of Time che mette sotto i riflettori diciotto ballerini amatoriali che stanno per diventare professionisti. Il progetto porta alla creazione di Overflow, che firma insieme a Mickael Le Mer, Pierre Bolo e Annabello Loiseau. Amala diventa anche artista residente al Teatro Louis Aragon di Tremblay-en-France, con un contratto di due anni.
Nel 2016 ha creato Di(s)generation che unisce svariate generazioni di ballerini di hip hop, e presentato New School, un trio di Di(s)generation ispirato alla danza astratta. Ha inoltre avviato un’associazione con il centro artistico 104 a Parigi, che durerà due anni. Il suo nuovo pezzo, il duo Trait d’union, è del gennaio 2018.
La stagione 2016-2017 segna il primo di tre anni di Amala Dianor come Associate Artist per il CDCN POLE SUD di Strasburgo, oltre che per la Scène des Pays de Mauges in Maine et Loire.
La compagnia è patrocinata dal Ministero francese della Cultura (DRAC Pays de la Loire) dal 2018 in quanto “compagnie conventionnée”.

28 SETTEMBRE CLARK (CHRISTOPHER STEPHEN CLARK)

Elettronica e danza

Progetto: Il titolo dello show è Death Peak live; ecco una breve presentazione: “Volevo che le percussioni suonassero come un evento naturale di proporzioni gigantesche, come un masso che rotola giù da una collina con gli uccellini che cinguettano intorno. Una palla di fango pulsante che porta tutto con sé al suo passaggio. Mi fa pensare ai rave all’aperto della primavera”.

Biografia: Dopo sette album per la leggendaria Warp Records, l’LP di Clark dall’omonimo titolo, del 2014, offriva uno sguardo complessivo della sua carriera illustre e in costante evoluzione, con elementi di produzione unici e un orecchio attento al dettaglio e alle novità dei pezzi techno, nuovi rumori presentati al mondo con uno show audiovisivo live ottimizzato per i festival e per fare a pezzi la pista. Nel 2017 è tornato con Death Peak, un album che cuce insieme abilmente i vari fili del suo lavoro complessivo, intrecciando melodie euforiche e ritmi viscerali da warehouse rave, con nuovi elementi vocali e corali.
Clark è uscito recentemente con uno split album 12” insieme ai compagni di label Mark Protchard & Bibio e ha lavorato su remix di artisti del calibro di Nils Frahm e Max Richter. Clark si è inoltre dedicato con successo alla composizione. Ha scritto la stupefacente colonna sonora della serie di Sky Atlantic The Last Panthers nominata ai BAFTA 2016 e composto le musiche per il Macbeth all’Young Vic Theatre. Alla fine del 2016 ha composto Enter the Void apposta per The Echo Society Orchestra, condotta da Joe Trapanese (collaboratore di M83 e Daft Punk) ed eseguita allo storico Ace Theatre di Los Angeles. Clark ha firmato con la Warp quand’era poco meno che ventenne.
Il suo sound di studio si è evoluto ed è maturato nei due decenni passati – anche se lui vi direbbe che ha appena cominciato. Il suo rumore industriale e amorfo è andato sempre crescendo, arrivando a influenzare produttori, la pista e i festival di tutto il mondo. Quest’anno continuerà a girare, insieme alla collaboratrice Melanie Lane, che comporrà le coreografie di danza contemporanea sui suoi pezzi da rave.

29 SETTEMBRE SEBASTIAN MULLAERT

Elettronica

Progetto: Sebastian affronta la vita in un modo tutto suo, incentrato sulla tranquillità e la calma. Il suo contatto con la musica è organico. Ama esprimersi in lunghe jam session che gli consentono di perdere la cognizione
Il live set up di Sebastian è il risultato di vent’anni di tour come artista elettronico live. Comprende una vasta gamma di accessori fra cui sintetizzatori, drum machines, pedali loop, effetti, mixer oltre a un computer completo di campioni, soft-synth e drum rack – controllato da Ableton e da Push.
Lo show rappresenta un’opportunità rara di portare il suo sound a un nuovo pubblico all’interno di uno spazio straordinario nell’antica Roma. Si esibirà in una performance speciale, con paesaggi sonori d’ambiente che si evolveranno in dancefloor. Sebastian spingerà il suo straordinario live set verso nuovi confini, in esclusiva per i presenti.

Biografia: Ascoltando la musica di Sebastian Mullaert si avverte una sensazione di magia, una risonanza che rivela verità, integrità e ci ricorda di tornare a essere, semplicemente. L’artista svedese ha un approccio alla vita tutto suo, e lo stesso si può dire della sua musica, incentrata su tranquillità, calma e convergenza della meditazione Zen, su natura e creatività. Noto come metà del duo Minilogue, Sebastian è anche un affermato artista solista con nuovi materiali pronti per essere presentati. In costante evoluzione artistica, ha intrapreso una nuova, coraggiosa strada nell’esplorazione sonora, immergendosi nella scena neo-classica e unendo le forze con una delle dieci orchestre più importanti al mondo, la Tonhalle di Zurigo. Lavorando con grande cura e spirito d’innovazione ha creato un’esperienza performativa profondamente immersiva che integra in modo stupefacente la strumentazione classica ed elettronica, con un’installazione di visual art che si basa su immagini mozzafiato di paesaggi ripresi da un elicottero. Con questo suo approccio intende superare le divisioni fra musica classica ed elettronica, introducendo l’universo neo-classico alle nuove generazioni. Il profondo legame che unisce Sebastian alla musica risale agli anni della sua infanzia: da bambino suonava il violino, per poi esibirsi con orchestre, quartetti d’archi e gruppi pop prima di avvicinarsi alla musica elettronica.
La scoperta della musica house e techno a metà degli anni novanta ha provocato una rivoluzione nella sua vita. Ha intrapreso una nuova strada musicale, per promuovere la semplicità dell’esistenza. Alla fine degli anni novanta ha iniziato a sperimentare con suoni elettronici, formando il duo cult Minilogue con un amico e registrando brani con Crosstown Rebels, Traum Schallplatten, Wagon Repair e altri, oltre a due album con Cocoon – Animals (2008) e Blomma (2013). Nel 2014, il duo decide di prendersi una pausa e investire un po’ di tempo in progetti solisti. Da allora Sebastian ha lavorato sodo su una raccolta di musica nuova, già stata accaparrata da etichette estremamente influenti come la sub-label R&S Apollo, Drumcode, HYpercolour e Minus.
Le performance live di Sebastian Mullaert incutono soggezione per come coniugano magia ed energia, atmosfera ed euforia. Basta guardare la sua Interpretations per XLR8R o la sua apparizione su Boiler Room per avere
un chiaro esempio delle sue abilità conclamate, che lo hanno portato a esibirsi in festival e location di riferimento come Panorama Bar di Berlino, il Labyrinth Festival in Giappone, il Fabric di Londra, il Concrete di Parigi, il Block di Tel Aviv e il Blackmarket di New York.
Le collaborazioni di Sebastian corrono in parallelo alle sue attività da solista. Ha lavorato con diverse personalità del mondo della techno, producendo alcune release indimenticabili con, fra gli altri, Mathew Jonson, Eitan Reiter, Aril Brikha e Ulf Eriksson. Le release sono uscite su piattaforme underground come Hypnus, Mule Musiq e Kontra Musik. Produce anche sotto l’alias Wa Wu We, proponendo una versione understated dell’estetica techno. È inoltre coinvolto nel nuovo progetto Be Yokai, un trio formato da Sebastian, Douglas Holmquist and Kristoffer Ström. I tre hanno formato un’alleanza naturale, trovando la lunghezza d’onde dopo diverse sessioni insieme. Per il loro primo EP hanno firmato con Space-Hardware, sub-label di Hypercolour, per un live show e altra musica in preparazione.
Sebastian Mullaert si è già affermato come una vera potenza nel mondo della musica elettronica. Per lui ricordare alla gente di ESSERE è un affare serio, che sia sulla pista o nel confort di casa. La musica che fa è profonda, progressiva e assolutamente unica. Il suo stile di vita, l’entusiasmo e l’impegno che mette nel suo lavoro ne fa uno degli artisti più affascinanti della sua generazione, e senza sapere cosa il futuro ha in serbo per lui, possiamo esser certi che continuerà a veicolare la straordinaria energia che circonda la sua vita in ogni sfaccettatura.

BURNT FRIEDMAN LIVE

Elettronica

Progetto: Burnt Friedman “Time Filled” (Patterns without World and West). Le seguenti tre frasi saranno proiettate in forma circolare: CUI SERVIRE, REGNARE EST; CONNECT CONTRIBUTE COPE COOK; MINIMAL FORCE / TIME FILLED / RESIST NOT EVIL.

“Nelle percussioni, nella produzione collettiva di interferenze costruttive, tutti gli attori coinvolti si uniscono in una forma di resistenza contro i diktat arbitrari. L’offerta di libertà può essere vista come un modo di entrare in contatto con le nostre necessità. Si tenta di raggiungere quest’obiettivo attraverso l’impegno di ognuno in una modalità di azione, non attraverso l’astuzia individuale o le singole prodezze. La cosa davvero importante è la costituzione di una comunità di ascoltatori che non hanno niente di cui vantarsi. Per contrasto, immaginare gli artisti come persone liberate significherebbe confrontarsi con persone mentalmente disturbate che rinnegano le loro influenze culturali, la loro carne e il loro corpo.
Sono sbalordito da come le politiche di genere e di identità a favore dell’equità, dell’inclusione e della diversità si rispecchiano nella storia del pop, in una crescente contaminazione della musica nel momento in cui è esplosa la libertà negli anni sessanta. Immaginiamoci anche che, d’altra parte, la gente parlava di ‘musica africana’, etc. come se fosse una categoria a sé. Dopo aver combattuto con la diversità naturale inventando sempre più categorie, ho trovato l’unico modo per affrontarla, ponendomi a livello individuale. La musica in effetti è il prodotto di piccoli gruppi o di individui che possono sostenere che sia un regalo degli dei.
Dal punto di vista dell’artista come dello scienziato, le loro affermazioni non hanno nessuna obbligazione nei confronti della cultura; con questo non intendo dire che non abbiano nessun tipo di impronta culturale – noi siamo esseri naturalmente culturali. Eppure la musica e la scienza appaiono a prescindere da qualsivoglia realtà culturalmente determinata, e questo significa che si tratta di discipline che devono essere trattate su scala universale o quantomeno transculturale, e non in chiave territoriale, biografica, etnica o tradizionale.
Durante il mio concerto propongo una varietà di ritmi ‘storti’ – ritmi dance, se vogliamo – basati sull’idea del ‘non-luogo’, cioè schemi privi di concetti come ‘mondo”, o ‘occidente’, ecc.”.
[by Burnt Friedman, 2018]

Biografia: Burnt Friedman è uno dei musicisti elettronici tedeschi più affermati e quotati, con oltre quarant’anni di carriera. Nato a Coburg in Germania nel 1965, vive a Berlino dal 2009. Dopo aver studiato arte a Kessel, dalla fine degli anni ottanta Burnt ha iniziato a concentrarsi esclusivamente sulla musica. Ha frequentato la Kunsthochschule für Medien di Colonia come studente postgraduate e ha iniziato a pubblicare i suoi lavori musicali e le sue produzioni in studio dal 1979. Nello stesso periodo inizia anche le esibizioni dal vivo, attirando ben presto l’attenzione della scena della musica elettronica
di Colonia. Negli anni novanta collabora con svariati artisti affermati su progetti quali Jaki Liebezeit, Atom™ (come Flanger), David Sylvian (Come Nine Horses) e dal 2017, Mohammed Reza Mortazavi.
Nel 2000 Friedman lancia la sua etichetta discografica, Nonplace, con 44 release all’attivo. Con il nome da solista Burnt Friedman, tenta di affrontare i pregiudizi della gente riguardo all’autenticità della musica programmata. La sua partnership in studio e on-stage con Jaki Liebezeit, l’ex batterista
dei CAN, è durata 17 anni. Grazie alla forza del loro lavoro e del vocabolario musicale universali hanno consapevolmente preso le distanze dalle formule trite e ritrite della musica occidentale europea e anglo-americana.

“Pitchfork”, maggio 2016: “In generale, i progressi compiuti dalla musica elettronica hanno ampliato le possibilità dell’espressione creativa, ma è anche vero che la rivoluzione elettronica ha messo una camicia di forza al ritmo – o per lo meno alle composizioni che non si risolvono in un 4/4 pulito. Fortunatamente, Burnt Friedman ha speso tutta la sua carriera per rifiutare di assecondare docilmente questa gabbia. Collaboratore frequente di Jaki Liebezeit, batterista dei Can, Friedman conosce da vicino le pulsazioni aliene e gli schemi striscianti (...)”.
JUNO Records: “Se stai cercando il tribalismo futuristico ad alta velocità, allora l’imprint di Burnt Friedman, Nonplace, è il luogo ideale per iniziare”. PARIS DJS: “Questa è Jazz, Worldmusic, Krautrock con uno spirito Sun Ra del XXI secolo”.

MAWIMBI

Elettronica e musica africana

Progetto: Loya è il nuovo progetto del produttore Sébastien Lejeune, originario de La Réunion, che si concentra sulla ricerca delle sonorità di tribù, band e cantanti provenienti dall’Oceano Indiano. Il suo è un lavoro unico, con il quale raccoglie campioni di tradizioni musicali sconosciute, straordinariamente eclettiche e spesso molto ballabili. La sua caratteristica tecnica di produzione prevede la riproduzione di ritmi classici dell’isola de La Réunion (maloya, séga, musica Comores) attraverso l’uso di drum machine e sintetizzatori oltre alle percussioni classiche. Il risultato è una sorta di entusiasmante “futurismo isolano”. Dopo diversi EP e remix per artisti come Tony Allen, il 28 settembre uscirà con il suo primo album su Mawimbi Records.

Biografia: Lanciato nel 2013, Mawimbi è un collettivo parigino di Dj e musicisti impegnati nella costruzione di legami fra tradizioni musicali afrocentriche e musica elettronica contemporanea. Nei ultimi cinque anni, i Dj e i produttori di Mawimbi hanno fatto parlare di loro insufflando aria nuova nella scena musicale europea con le loro contagiose sonorità.
La musica del collettivo naviga fra vari generi ed epoche in modo non convenzionale, mescolando afro-house, highlife elettronica e techno sciamanica alle loro tendenze dance. Come produttori hanno remixato grandi nomi quali Oumou Sangaré featuring Tony Allen, Femi Kuti, Calypso Rose, Cerrone e tanti altri.
Hanno scandagliato nel profondo questa fusione inesplorata di sonorità elettroniche e tradizionali allestendo eventi di presentazione di artisti come Africaine 808, José Marquez, The Busy Twist, Batida, DJ Khalab, Spoek Mathambo, Clap! Clap! e tantissimi altri.
Hanno anche contribuito a scoprire talenti quali Onipa, Umoja, Pouvoir Magique, Loya and Umeme, pubblicando dischi di vinile e curando alcune compilation sulla loro etichetta discografica, la Mawimbi Records.

2 OTTOBRE PIERRE JODLOWSKI E FRANÇOIS DONATO

Performance interattiva di musica contemporanea e arti visive

Progetto: Abyss
Installazione/performance, video, suoni, luci
Appositamente ideato per il Planetario delle antiche terme di Roma
Artisti e ideazione tecnologica: Pierre Jodlowski / François Donato

Il progetto consiste in un dispositivo audiovisivo collocato nell’aula ottagona del Planetario ed è stato appositamente concepito per questo luogo. Il contenuto audiovisivo ha come punto di partenza gli elementi caratteristici del luogo: l’acqua e il fuoco.
Il progetto si articola in 2 fasi:
- modalità installazione: il sistema è autonomo e crea un ambiente contemplativo. Questa modalità è attivata prima e dopo la performance e in presenza di un numero ristretto di visitatori;
- modalità performance: per 1 ora e 30, l’installazione diventa decisamente dinamica e si sviluppa in maniera molto organica interagendo con il comportamento del pubblico.
Il principio artistico si basa sulla creazione di un ambiente molto immersivo (videoproiezioni a terra / ambiente sonoro ottofonico / fumo e proiezione di raggi luminosi). L’incontro dell’acqua e del fuoco costituisce una metafora artistica intensa, tumultuosa, demoniaca ma anche accattivante, avvolgente, penetrante. Il principio della performance si basa sul controllo dei flussi (suono, video, luce, fumo) in maniera continuativa e in funzione delle azioni del pubblico. Si tratta di una forma di interazione che include sistemi di intelligenza artificiale, ma le cui decisioni principali sono sotto la responsabilità dei due artisti.
Penetrando nello spazio centrale di proiezione, i visitatori sono catturati da materia a volte compatta, a volte evanescente. L’idea è quella di ritrovare una sorta di condizione originaria in collegamento con le terme romane dove, per l’appunto, acqua e fuoco interagiscono. Durante la performance assistiamo a un’alternanza di quadri, ognuno dei quali si articola in un gran numero di variazioni/declinazioni, che saranno attivate dai visitatori stessi (in funzione dei loro spostamenti e della natura dei loro movimenti). [Pierre Jodlowski]

Biografie:
Pierre Jodlowski è un compositore, sound artist, improvvisatore e performer che si muove sulle scene della musica elettronica, dell’elettroacustica, del jazz e del rock. Il suo lavoro è al crocevia di questi generi e lo ha portato a collaborare con vari artisti, musicisti ballerini, stage manager e videografi. I suoi progetti sono rappresentati in Europa, Stati Uniti, Taiwan e Giappone. Da dieci anni è a capo di uno studio sperimentale nel sud della Francia che è un centro di produzione, un’etichetta e un festival. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti francesi, è stato in residence a Berlino (Art Academy), Stoccolma (EMS Studio), Varsavia (Ad. Libitum Festival) e altrove.
Attualmente vive fra la Francia e la Polonia.

François Donato, inizialmente autodidatta, ha approfondito le sue conoscenze all’Università di Pau, all’Accademia di Gennevilliers e al Conservatoire National Supérieur de Musique di Lione. Responsabile della produzione musicale del Groupe de Recherches Musicales (Paris) dal 1991 al 2005, oggi vive a Toulouse dove si occupa del coordinamento tecnico per il collettivo di compositori éOle.
Dal 2007 al 2012 è stato speaker su sound e interattività all’Università di Toulouse Mirail, al Dipartimento di Arti Plastiche e Arti Decorative.
I suoi lavori sono soprattutto incentrati sulla musica acustica. Ha ricevuto commissioni dal G.R.M. dal DAAD di Berlino, dal Ministero della Cultura.
Borsista al DAAD e all’Università Tecnica di Berlino nel 1999 e 2000.
Ha collaborato ripetutamente con la danza e il teatro (Cie Pal Frenak. Cie Coda Norma. Cie Hypothèse Théâtre) e ad altri compositori come Pierre Jodlowski e Hervé Birolini o artisti visivi per lavori interattivi multimediali.

3 OTTOBRE WILLIAM BASINSKI

Musica sperimentale

Progetto: On Time Out of Time
William Basinski

Un miliardo e trecentomila anni fa, due enormi buchi neri in una lontana galassia cedettero alla reciproca, inesorabile attrazione e scontrandosi in una collisione così potente da scuotere il tessuto stesso dell’universo.
Il 14 settembre 2015 le increspature nello spazio-tempo prodotte dalla forza astronomica della loro collisione – esercitando più energia di tutte le stelle dell’universo osservabile messe insieme – raggiunsero finalmente la superficie della Terra: queste onde gravitazionali sono state le prime a essere rilevate dall’uomo. Il suono battezzato con amore il “battito cardiaco dell’universo” segna l’apertura di un campo sensoriale completamente nuovo per l’astrofisica, mentre il suono arriva sulla scena come una nuova tipologia di segnale cosmico.
In On Time Out of Time (2017) il compositore d’avanguardia William Basinski utilizza registrazioni esclusive prese dagli interferometri di LIGO – le fantastiche macchine che catturarono il segnale – per creare un’esperienza viscerale di inconcepibile grandezza.
Nella sua incessante esplorazione dei misteri temporali della natura, e con la sua rara conoscenza di tutti i processi della decomposizione entropica, il pezzo di Basinski percorre la progressiva disintegrazione – lunga un miliardo e trecentomila anni – di queste onde apripista che viaggiano verso la Terra dopo la detonazione di colossale violenza causata dal loro concepimento cosmico. Allungando e isolando i campioni sonori, il suono irrompe in avanti diventando via via più musicale con l’aggiunta di sottili melodie, sintetizzatori e loop, assemblati meticolosamente in una complessiva composizione drone che riesce nell’impossibile: scoprire il volto del Tempo nella sua versione più esotica – una componente bizzarra, curvilinea, flessuosa e irrefrenabilmente animata dell’universo.
Questo pezzo epocale colloca Basinski fra i grandi di una tradizione scandalosamente sfacciata, essendo riuscito a creare, a partire dalle né Pitagora, né Gustav Holst, né David Bowie avrebbero mai potuto immaginare.
[Isabel de Sena]

Biografia: William Basinski è uno dei protagonisti primi della musica sperimentale e della sound art degli ultimi trent’anni. Compositore dal background classico con base dapprima a New York e poi in California, ha inventato e sviluppato nel corso degli anni un linguaggio espressivo del tutto personale. Generati prevalentemente attraverso tecnologie analogiche obsolete e nastri magnetici, i suoi soundscape esplorano la natura temporale della vita e il mistero del tempo, modificandone la percezione attraverso l’ampio ricorso alla tecnica del loop. Una ripetizione perpetua di strutture sonore armoniche e suoni naturali, che si mescolano e si legano gli uni agli altri in un continuum inesauribile.
Un’arte portata alla sua massima espressione nella quadrilogia di The Disintegration Loops (2002-2003), in cui il naturale processo di decadimento dei nastri magnetici viene riconvertito in elemento espressivo, rivoluzionando in senso organico l’idea stessa di musica generativa. A questo processo, Basinski ha legato a posteriori un profondo significato allegorico, in cui “il disfacimento della New York dell’11 settembre, in una sequenza di nastri che si accartocciano e degradano, maestosi drones e ripetizioni incessanti” (OndaRock). Un lavoro seminale e destinato a influenzare un’intera generazione di compositori e sound artists, e che ha inaugurato per prima l’idea del loop come elemento espressivo autonomo. Negli anni Basinski ha evoluto il suo linguaggio artistico attraverso momenti fondamentali come la serie Watermusic (2001-2003), i lavori in collaborazione con Richard Chartier e i più recenti 92982 (2009), Nocturnes (2013) e Cascade (2015), tutti pubblicati sulla sua etichetta 2062. Più di recente, Antony Hegarthy (Antony And The Johnsons) gli ha commissionato la composizione della colonna sonora dell’ultima opera di Robert Wilson, The Life and Death of Marina Abramovich, la cui “prima” si è tenuta al Manchester International Festival nel luglio del 2011. In seguito, Basinski si è imbarcato nel suo primo tour mondiale, che ha toccato l’Europa (2012) e il Nord America (2013).
Nel corso di quello che sarà il più lungo tour italiano della sua carriera, che lo vedrà protagonista ad aprile in sei venues d’eccezione, l’artista presenterà un live set inedito intitolato A Shadow in Time. Un lavoro ispirato dalla memoria di David Bowie (David Robert Jones) e di un artista amico dello stesso Basinski, morto suicida improvvisamente lasciando, come il Duca Bianco, un’installazione oggi esposta presso la galleria Telescope di Pechino come testamento creativo.

4 OTTOBRE ALESSANDRO CORTINI

Elettronica, Synth pop

Progetto: Il progetto di Cortini, Avanti, è un live audio/video in cui le proiezioni sono tratte da vecchie riprese in super 8 con scene della vita familiare in vacanza di Alessandro nella sua infanzia.

Biografia: Come in una traduzione concreta e in uno sviluppo ulteriore delle teorie di Marshall McLuhan sulla connessione tra dinamiche associative dell’uomo e il mezzo utilizzato in sé, viaggiatori come Donald Buchla, Suzanne Ciani, Morton Subotnick, Pauline Oliveros e Charles Cohen hanno tutti lavorato per indagare le possibili risposte sul come portare del contenuto emotivo, caldo ed emozionale all’interno di suoni creati e processati solo con la fredda sintesi elettronica. Considerando tutte le possibili combinazioni di “come” e “cosa” che possono essere generate ancora, e il modo in cui esse possono combinarsi interagendo fra loro, siamo davvero ancora nella primissima parte di questo viaggio. Ogni compositore di musica elettronica cerca la sua risposta a questa sfida continuamente in divenire: risposte che sono influenzate dalla scelta della strumentazione da usare, del modo di utilizzarla e anche dalle proprie personali inclinazioni estetiche. L’ultimo arrivato in questo novero di grandi viaggiatori è Alessandro Cortini.
Nato in Italia (24 maggio 1976), al suo arrivo negli Stati Uniti nel 1998 per seguire la carriera di musicista Alessandro Cortini è stato profondamente colpito da questa forma d’arte peculiarmente americana. Il Buchla Music Easel è diventato immediatamente uno dei mezzi d’espressione preferiti per dare forma alla sua particolarissima – e sempre in espansione – visione possa rendere ancora più incisiva e decisiva la sua voce espressiva e scritta nell’arco di un solo mese con l’aiuto dell’Easel, la serie Forse si è sviluppata nel periodo in cui stava parallelamente lavorando assieme ai Nine Inch Nails alla scrittura e all’esecuzione di Ghost I-IV, trovando alla fine realizzazione concreta in un doppio LP uscito su Important Records. Alessandro è sempre stato molto impegnato a lavorare con la strumentazione elettronica: spesso l’ha usata anche per implementare parti inizialmente scritte ed eseguite per chitarra nelle sue collaborazioni con Nine Inch Nails e How To Destroy Angels, lavorando anche sotto il moniker SONOIO; ma le sue uscite costruite utilizzando il sistema Buchla e altri sintetizzatori, ricche e notevoli anche per varietà di soluzioni scelte, hanno davvero posto il suo alfabeto espressivo in una categoria diversa, unica, specialissima, in un rapporto sempre più
stretto e perfetto con quelli che lui chiama “gli altri membri della band” – ovvero le sue strumentazioni in costante espansione (e frequentemente ricombinate).
La serie di release Sonno, uscita per la Hospital Productions di Dominick Fernow, è un delizioso scrigno di congegni – a emozioni trattenute, ma con derive strane e imprevedibili – costruiti in un gioco continuo col Roland MC 202, sviluppato uscendo completamente dai canoni standard solitamente utilizzati nell’approcciarsi “seriamente” a questo tipo di strumentazione. Con Skarn invece (uscito nel 2014 per la Avian di Shifted, uno dei migliori sperimentatori techno-oriented in circolazione), Cortini dimostra ancora una volta le sue incredibili abilità nel travalicare steccati e trovare nuove soluzioni sonore: il suo dialogo col Metasonix dà forma a un viaggio dove ci si approccia, con profondità emotiva e sempre in forme non convenzionali, al linguaggio più strettamente techno. Altre sortite sotto l’identità Slumberman, assieme alla label CLR di Chris Liebing o assieme alla Panzerkreuz (sub-label dell’olandese Bunker), hanno decisamente contribuito a rendere sempre più consistente e cruciale il profilo di Alessandro all’interno della scena elettronica contemporanea: in un rapporto artistico coerente e intenso con i grandi maestri che lo hanno preceduto, ma con una rilevanza viva e pulsante agli occhi di tutta la scena contemporanea – con l’inevitabile conseguenza di diventare così una voce sempre più decisiva e influente.

5 OTTOBRE GAS (Wolfgang Voigt)

Techno e elettronica

Progetto: Wolfgang Voigt presents GAS Live

Biografia: A metà degli anni novanta Wolfgang Voigt, meglio noto sotto pseudonimi come Mike Ink, Studio 1 o Grungerman, e per essere stato motore della Cologne Minimal Techno, sembrava aver raggiunto il punto massimo della sua carriera. Tuttavia non ha smesso di inseguire e sviluppare la sua autentica passione musicale. Tornando agli anni ottanta: Voigt inizia a lavorare sotto un concept da lui inventato e chiamato BLEI. Inglobando i modelli sonori più disparati, inizia a estrarre elementi dalla classica, dalla polka o dalle bande d’ottoni, fondendoli con la musica pop elettronica e gli Schlager tedeschi, creando così uno stile di musica pop adatto alla subcultura del momento. All’inizio degli anni novanta, influenzato dalla Techno, VOIGT sperimenta il suono di un timballo che sembra marciare attraverso loop di archi fortemente alienati, in caduta libera. Queste tracce elegiache, la loro mancanza di inizio o di fine, la loro struttura tossica, soffice e in parte amorfa ricordava l’evaporazione di un gas: nasce così la musica GAS. La GAS è la visione di un corpo sonoro a metà strada fra Schönberg e Kraftwerk, fra il corno francese e il bass drum. La GAS è Wagner in versione rock, o Hansel e Gretel sotto acido. La missione della GAS è trasportare chi la ascolta in una marcia infinita nel sottobosco – e nella discoteca – di una foresta nebulosa immaginaria.
Nella sua musica, Wolfgang Voigt non crea un riferimento diretto ai suoni originali o alla foresta in sé. Tenta piuttosto di ridurre il “materiale” alla sua struttura estetica basilare usando diverse tecniche di zoom, loop e alienazione per allontanarlo dal significato e dal contesto originali. La sua intenzione è creare una sorta di essenza estetica, una grotta (dettaglio/ loop/ripetizione) in cui perdersi.
E tutti quelli che ritengono che tutto ciò sia troppo indigesto sono invitati ad accettarla semplicemente in quanto musica meravigliosa.
Wolfgang Voigt, nato a Colonia nel 1961, è un artista, produttore musicale e cofondatore dell’etichetta elettronica Kompakt. Cresciuto nella subcultura di arte e musica, traendo ispirazione dalle influenze più varie. Fra i suoi numerosi progetti musicali, GAS è quello che ha trovato più seguito a livello internazionale per oltre vent’anni: un lavoro artistico sul suono, vibrante e dark. In occasione della sua prima guest appearance a Colonia in quasi dieci anni, Voigt ha rielaborato completamente il concept di GAS. Sarà vista e ascoltata in questa forma per la prima volta alla Philarmonie. Wolfgang Voigt fa marciare le sue strutture ipnotiche e monotone attraverso paesaggi sonori nebulosi, foschi e sospesi. Con l’aiuto di immagini animate di grande formato, trasporta ascoltatori e spettatori in un viaggio psichedelico attraverso un mondo nuovo. Questa scoperta è caratterizzata da un’inebriante simultaneità fra lontano e vicino, armonico e atonale, astratto e concreto.

6 OTTOBRE DONATO DOZZY

Dance elettronica (dj set)

Biografia: Pochi Dj e produttori sono noti e apprezzati nell’ambiente della Techno quanto l’italiano Donato Dozzy. Ha un’abilità rara di conquistare la mente del suo pubblico in contesti sia classici che contemporanei, riuscendo a creare come per magia un’atmosfera autentica. Incurante dello zeitgeist, preferisce muoversi all’interno di paesaggi sonori che fanno viaggiare davvero.
Personaggio enigmatico dall’apparenza disinvolta, da artista propone continuamente cose nuove. Presenta ogni anno una serie di nuove release, con un’ampia varietà di suoni e metodi – di cui alcune sull’etichetta di cui è in parte proprietario, Spazio Disponibile – allestisce anche spazi pubblici all’interno di musei, usa strumenti musicali bizzarri, collabora con produttori di analoga impostazione, cantanti classici o visual artists. Donato pare sfidare continuamente sé stesso a livello creativo: a prescindere dal metodo adottato, tuttavia, è sempre probabile che riesca a permeare la vostra corteccia cerebrale creando collegamenti nuovi con modalità sempre affascinanti e persuasive.

7 OTTOBRE MARC MELIÀ

Alternativa, Indie

biografia: Cofondatore dell’etichetta Les Disques du Festival Permament insieme a Gaspar Claus, Flavien Berger lancia con questa sua prima release la sua collezione La sélection de Flavien Berger. Questo album nasce da un incontro inaspettato fra due musicisti, quando Marc Melià diede una cassetta a Flavien Berger con le canzoni di Music for Prohet dopo un concerto del cantante francese a Liegi. Un incontro simbolico, che ora appare sulla copertina dell’album in una fotografia scattata nella magnifica stazione ferroviaria di Liegi dalla fotografa francese Valérie Le Guern. Marc Melià, originario di Maiorca, è un musicista e compositore che vive attualmente a Bruxelles. Nel corso degli ultimi dieci anni ha composto, prodotto e suonato con diverse band, fra cui il trio paneuropeo Lonely Drifter Karen, con cui ha fatto tre album per l’etichetta belga Crammed Discs. “Music for Prophet”, il suo primo album da solista appartiene alla neonata tradizione della musica ripetitiva composta da robot intelligenti per gli esseri umani di domani. I protagonisti dell’album, che dà origine a tutti i loop mistici, alle statue giganti di arpeggi e alla grande varietà di paesaggi sonori elettronici post-Kraftwerk, si chiama Prophet 08, un sintetizzatore già leggendario. Con Music for Prophet, Marc Meilà propone una performance in cui diversamente dalla maggior parte dei live di musica elettronica, ogni brano è creato a mano durante il concerto, senza l’ausilio di sequenze preregistrate. Marc Meilà rende naturale ciò che è sintetico, rende umano
ciò che è robotico e cerca la bellezza nei suoni che sono per natura freddi e privi di emozione. Nell’album c’è una dicotomia fra la volontà di essere reali e l’impossibilità di fuggire alla natura artificiale, come quando nel film Blade Runner del 1982, Rachel si rende conto di essere una replicante e non un essere umano. Meilà si è esibito nelle edizioni recenti di festival in Belgio come Deep in the Woods, Leffingeleuren, Les Nuits Botanique, Theather aan zee o Microfestival e ha aperto i concerti di artisti come Kaitlyn Aurelia Smith, Chasol, Anna Meredith or François and the Atlas Mountains. Ha anche remixato brani per Girls in Hawaii, Haring, O e François and the Atlas Mountains.

8 OTTOBRE FRANCESCO LIBETTA

Musica classica ed elettronica

Progetto: Il pianoforte è uno strumento nato trecento anni fa. Da allora, senza sosta, ogni secolo ha aggiunto le tecnologie che si rendevano via via disponibili, e tale processo collettivo lo ha sviluppato fino allo stato attuale. Oggi, con l’ulteriore ausilio della tecnologia elettronica, il pianoforte può essere portato ad abitare uno spazio vasto e complesso come l’antico edificio delle Terme di Diocleziano.
Dagli esperimenti di inizio Novecento su una musica che non fosse per la sala da concerto né per il salotto, fino alle visionarie costruzioni virtuosistiche di Leopold Godowsky sulle iconiche opere di Chopin, la traduzione musicale che tiene conto delle nostre rinnovate abitudini di fruizione – in termini di proiezioni di suono come di volumetrie – ci consente di ripensare alle tecniche di retorica del messaggio, senza con ciò modificare alcuno dei concetti che hanno generato la coerenza artistica dei capolavori del repertorio classico inclusi nel programma.

Biografia: Il New York Times lo ha descritto come un “aristocratico poeta della tastiera, con il profilo e il portamento di un principe rinascimentale”. “Le Monde de la Musique” dichiara: “Francesco Libetta è l’erede dei Moritz Rosenthal, dei Busoni e dei Godowsky”.
La sua fama si consolida con le monumentali integrali Beethoven (le 32 Sonate), Händel (l’integrale delle opere per tastiera), Chopin (tutta la sua produzione pianistica pubblicata) e Godowsky (i 53 Studi sugli Studi di Chopin). Il DVD con la regia di B. Monsaingeon, con un recital pianistico tenuto nel Festival francese de La Roque d’Anthéron, ha ricevuto elogi dalla critica francese, tra cui il Diapason d’Or. Ha studiato il pianoforte con V. De Donno, e poi composizione con G. Marinuzzi e J. Castédrède. Il catalogo delle sue opere include musica per il teatro e per il cinema, composizioni con elettronica, opere acusmatiche, cameristiche, orchestrali, per strumento e orchestra. Incoraggiato da A. M. Giuri e G. Zampieri, si dedica alla direzione d’orchestra, debuttando con la Nuova Orchestra Scarlatti di Napoli; ha poi interpretato repertorio sinfonico, operistico e di balletto. Libetta ha pubblicato numerosi saggi su argomenti di storia ed estetica della musica.
Ha fondato e dirige la casa discografica Nireo.

9 OTTOBRE SHLØMO

Techno underground

Biografia: Shlømo è il cuore della techno underground francese. In un paio d’anni appena il suo talento è emerso con un sound tutto suo, per la maggior parte su Taapion Records di cui è proprietario ma anche su etichette influenti come Delsin, Singular records e Arts Collective. In equilibrio fra il sentimento vero e la non trascurabile funzione dancefloor, i suoi set e le sue produzioni coniugano sapori aspri e atmosfere coinvolgenti, conquistando i conoscitori più influenti della techno in tutto il mondo.
Dotato di un orecchio straordinario per il ritmo e per il sound design più accattivante, Shlømo è affascinante tanto nei club quanto dal vivo. Il suo live show è un’estensione di quello spazio creativo e lo porta a sfornare tracce sonore imprescindibili usando attrezzature come Nord 1, Korg MS20, Roland TR-8, Microkorg e Korg Mono/poly, per non dire delle sue performance live sotto il suo nome completo “Shaun Baron-Carvais”, dopo il debutto dell’alias al Berlin Atonal 2017. Come DJ – che sia da solo o insieme ai compagni di etichetta PVNV e AWB sotto il soprannome Taapion Soundsystem – è un maestro assoluto nel creare ritmi e spazi che intrappolano il pubblico in un’entusiasmante tensione o lo trasportano, con lo stesso slancio, nelle atmosfere più dark.
Queste performance lo portano nei club e nei festival più rilevanti, dal Barghain di Berlino al Bassiani di Tbilisi, in grande crescita ultimamente, al Gamma russo, senza dimenticare il Concrete, l’hotspot parigino in cui è resident. La sua abilità nel mescolare il cerebrale al viscerale lo hanno reso uno dei talenti più entusiasmanti in circolazione. Nel 2017 sono uscite release su Delsin, SOMA di Slam oltre ad altro materiale Taapion, un tour in GIappone e un’altra apparizione al giovane festival britannico Freerotation. Con produzioni Shlømo remixate da artisti come Oscar Mulero, Tripeo, Johannes Heil e Sigha, per non dire dell’ulteriore materiale per ARTS, Dynamic Reflection and SOMA, e le voci di un album di debutto nel 2018, l’anno dell’artista francese si annuncia estremamente intenso, intanto che continua a lavorare sulla sua agenda techno.

10 OTTOBRE SETH TROXLER

Elettronica

Biografia: Seth Troxler è una delle personalità della musica elettronica più immediatamente riconoscibili, ammirato per la sua conoscenza enciclopedica della prima house di Chicago nonché della techno minimal, dell’indierock più oscuro e della psichedelia ambient. È commentatore culturale, curatore artistico, ristoratore e imprenditore. Discendente di una famiglia di cowboy e predicatori battisti, nelle sue vene scorre sangue africano-americano, egiziano e indiano Cherokee; ma se il suo background è tutto americano il suo modo di vedere il mondo attraverso il prisma della cultura musicale contemporanea trascende le sue origini di ragazzo del Mid- West.
Nato a Kalamazoo nel Michigan e cresciuto nella periferia di Detroit, Seth ha inizialmente imparato l’arte del DJ dal suo patrigno (che ai tempi era DJ in una radio universitaria) e più tardi, lavorando come commesso nel leggendario negozio di dischi di Detroit “Melodies & Memories”. Ma è stato solo quando ha preso la coraggiosa decisione di cercare nuove strade nella Berlino della metà degli anni 2000 che la sua carriera di DJ ha spiccato veramente il volo. Trasferirsi a Berlino poco più che ventenne, nell’esatto periodo in cui stava esplodendo il movimento techno minimal è stato il passo decisivo per diventare ciò che è diventato, e da allora non si è più voltato indietro.
Da quando ha iniziato ad abitare a Berlino, e poi a Londra, e dieci anni fa a Ibiza, Seth si è affermato come una delle figure più iconiche della musica elettronica underground, che si sente a casa tanto nei club fumosi più in vista del mondo, come Fabric, Nortsern, DE School o Output, quanto come artista di punta nei festival più importanti del mondo come Glastonbury, Lowlands, Roskilde o Tomorrowlands. Fin dall’inizio Seth si è appassionato tanto al food e all’arte contemporanea quanto alla musica, e questi due interessi hanno continuato a risuonare parallelamente lungo tutta a sua carriera. Artista poliedrico, è stato resident in alcuni templi della musica come DC10 (Ibiza), Fabric (Londra), Trouw (Amsterdam) e OUtput (NYC), dirige tre etichette discografiche, è proprietario di un ristorante di successo, “Smokey Tails” e sta per rivelare un nuovo progetto dal titolo Lost Souls of Saturn che si trova all’intersezione fra l’elettronica futuristica, l’arte
contemporanea e la tecnologia. Nel 2013 è stato votato DJ numero uno al mondo dal sondaggio “Top 100 DJs” di Resident Advisor. Nel 2016 ha fatto parte di una spedizione in cima al Kilimangiaro guidata dal famoso neurochirurgo australiano Charlie Teo che ha raccolto oltre un milione di dollari in beneficenza per la ricerca sul tumore al cervello. “Vivo per lavorare su progetti e costruire idee che si trovano al crocevia fra arte, commercio e creatività. Per me quest’idea della creazione è realmente l’essenza della vita”.
Prima di trasferirsi a Berlino, ispirato dal leggendario graphic designer newyorchese Stefan Sagmeister, Seth ha preso un diploma in advertising e comunicazione all’università di Detroit e da allora ha sempre tenuto un piede nel mondo del design e dell’arte contemporanea. Che si tratti di collaborare alla Howard Griffin Gallery di Londra con l’artista parigino Thierry Noir, il primo artista ad aver dipinto sul muro di Berlino, o di sviluppare paesaggi sonori per gli allestimenti dell’artista surrealista iraniano Medhi Ghadlanyoo, Seth mette costantemente alla prova i confini fra arte contemporanea e cultura musicale underground. Nel 2016 ha
promosso un “Art Bar” con Absolut a Ibiza in cui insieme allo street artist italiano RUN ha creato su misura un parco giochi artistico futuristico chiamato Tomorrow Today, allestito sull’isola per tre giorni. Nel 2017 è stato invitato dal poliedrico artista tedesco Wolfgang Tillmans – fotografo, artista e musicista – per una performance all’interno del suo show alla Tate Modern. A marzo 2018 Seth porterà il pittore gay underground Scooter Laforge a Londra per la prima volta, per una mostra alla Jealous Gallery. Per il suo progetto Lost Souls of Saturn Seth sta collaborando con il rinomato Studio di design Hingston, creando un unico linguaggio per gli aspetti visivi del progetto.
La ben nota passione di Seth per il cibo e la cucina è un’eredità dei suoi nonni, amanti di ciò che Seth definisce “Midwestern modern”: comfort food sano ma elaborato, che si basa su carne affumicata da barbecue e verdure dell’orto.
Ingrediente fondamentale della carne affumicata di Seth è la ricetta di una salsa BBQ segreta che gli è stata passata da suo nonno Charlie, attualmente in studio per la commercializzazione. Nel 2015 Seth ha aperto il suo primo ristorante a Londra chiamato “Smokey tails” per presentare al pubblico il suo stile culinario. Inizialmente si trattava di un pop-up a Londra Est, che dopo essere stato nominato per un premio “Love London” di “Time” si è spostato in una location permanente su Hoxton Square, oltre alla versione chiosco ambulante, must assoluto nei festival britannici di musica come Glastonbury e Wilderness.
Il 2018 segna un nuovo capitolo nella vita di Seth. L’uscita del suo LP This is Then ad aprile 2018 è da intendersi come una coda musicale dei suoi primi dieci anni passati in Europa, prima di pensare al futuro con il suo progetto Lost Souls of Saturn.

11 OTTOBRE AYELEN PAROLIN

Danza contemporanea

Progetto: Autóctonos II – ±40’.
Quintetto formato da un pianista-compositore e da quattro ballerini, Autóctonos II richiama il luogo del gruppo e l’“appartenenza a un gruppo” in questa società di sopportazione, indifferenza e produttività che chiamiamo il nostro mondo. A prima vista astratto e al tempo stesso “matematico”, il pezzo si basa sulla tenacia fisica e sull’impegno dei performer. Una potenza fortemente emotiva, tenuta insieme da un filo sottilissimo. Allude al cerchio – che dovrebbe (ri)unire – e alla stabilità, all’ordine e alla standardizzazione: i punti di partenza dello sviluppo coreografico. Per consentire alle microfratture del sistema di esprimere il sudore, le fragilità umane di ciascuno di noi, sentendo l’istintiva forza di aggregazione, la sua potenza battagliera. Una forza di esclusione potenzialmente analoga a una forza di resistenza.
[Olivier Hespel]

Concept & Choreography: Ayelen Parolin Play Daniel Barkan, Jeanne Colin, Marc Iglesias et Eveline Van Bauwel Musical creation & piano Lea Petra Dramaturgy Olivier Hespel Choreophaphic assistant Leslie Mannès Light Design Laurence Halloy Costumes Ayelen Parolin Company Manager Karin Vermeire
Production RUDA asbl Co-production Charleroi danse, Kunstenfestivaldesarts, Théâtre les Tanneurs (Brussels), Théâtre de Liège, Festival Montpellier Danse 2017, CCN de Tours / Thomas Lebrun, Le Gymnase CDCN Roubaix-Hauts de France, Le CCN Ballet National de Marseille, CDCN Atelier de Paris, Ma scène nationale – Pays de Montbéliard
& Theater Freiburg (DE).
Supportato da: la Fédération Wallonie – Bruxelles – Service de la Danse, SABAM, SACD, WBI, WBT/D Studio Support La Raffinerie / Charleroi/Danses, Théâtre Les Tanneurs, Les Brigittines, Grand Studio, Studio Cie Thor, Studio Ultima Vez, ZSenne Art Lab, CCN de Tours & Le Gymnase CDCN Charleroi Danses si impegna a produrre, presentare e accompagnare i lavori di Ayelen Parolin per tre anni a partire dalla stagione 2017-2018.
Ayelen Parolin è stato accolto nel “compagnonnage” del Théâtre de Liège (2018-2022). La compagnia è patrocinata dalla Fédération Wallonie- Bruxelles.

“Autóctonos” è la parola spagnola che indica le persone autoctone, gli indigeni... o gli autoctoni che si trovano nella loro località d’origine: indigeni e non, discendenti da migranti o colonizzatori. Questo per quanto riguarda la definizione del vocabolario. Un nome o un aggettivo (un concetto, prima di tutto) che il secondo dopoguerra ha tentato di cancellare, proprio come ha smantellato la teoria delle razze, considerata fino ad allora come assolutamente scientifica... tuttavia il concetto resiste. Negli ultimi decenni, è diventato ancora più resistente, perché la relazione con la terra e con le proprie origini sta acquisendo sempre più peso. Ma in termini di regionalismo, nazionalismo o populismo... così tanti sassolini sono diventate isole, o arcipelaghi fiorenti persino, nel mare democratico in cui tutti annaspiamo. Quanto basta per soffocare ulteriormente un “noi” già piuttosto anemico e rendere ancora più obeso l’“ego” già profondamente narcisistico e mentalmente ristretto.
Perché Autóctonos II? Perché una prima versione è già esistita. E questa è la seconda. Ed è ancora una volta un quintetto. Che si pone gli stessi quesiti: il luogo del gruppo, dell’“azione di gruppo” in questa nostra società di sopportazione, indifferenza e produttività... ma se Autóctonos indagava il collasso e il fallimento della comunità fino al punto dell’implosione, in cui regnava una sceneggiatura dagli accenti barocchi e teatrali, che giocava allegramente con instabilità e dissonanza, Autóctonos II è ancorato a una logica alquanto diversa. In breve è una versione di testa dopo una versione di coda.
Maggiormente astratto e “matematico” a prima vista, la sceneggiatura di Autóctonos II ricorda in qualche modo l’impegno fisico e la tenacia del trio Hérétiques creato da Ayelen Parolin nel 2014. Eccetto che il triangolo non rappresenta il vocabolario di base dello sviluppo coreografico in questo caso, e mani e braccia non sono più le forze propulsorie del movimento. Qui, il pezzo allude maggiormente al cerchio – che dovrebbe (ri)unire – e contrariamente a prima sono i piedi a scatenare la gestualità. In luogo del caos e della pluralità della prima versione, Autóctonos II afferma stabilità, ordine e uniformità. Perlomeno all’inizio. Inoltre svela con più evidenza le falle nel sistema e nella fragilità di ogni individuo, trasmettendo così il potere aggregante del gruppo, la sua forza battagliera. E potenzialmente, anche la sua forza esclusiva e di resistenza.

[Olivier Hespel]

Biografia: Ayelen Parolin è nata a Buenos Aires in Argentina e vive e lavora in Belgio, a Bruxelles. Ha studiato a Buenos Aires, alla Escuela Nacional de Danza e al Teatro di San Martin. In Europa ha seguito la formazione E.x.e.r.c.e. di Montpellier.
Negli ultimi anni Ayelen Parolin si è dedicata a indagare metodicamente la natura umana.
Ognuna delle sue creazioni è incentrata intorno a un motivo ricorrente da cui prende le mosse la coreografia. Esplora l’autobiografia negli assoli 25.06.76 e in La Esclava; si confronta con l’animale dormiente che sonnecchia in ognuno di noi in Troupeau/Rebaño: interroga la femminilità e le dinamiche di gruppo in SMS e Love; contempla la figura maschile nel suo lavoro David.
Nelle sue creazioni più recenti, Hérétiques, Nativos e Autoctonos II Ayelen Parolin si tuffa in una scrittura del movimento rigorosamente precisa, calcolata e ostinata, per parlare del sociale e del rituale in un’astrazione portata ai limiti del corpo. Ha creato e presentato il suo lavoro in Belgio, Francia, Italia, Spagna, Grecia, Norvegia, Finlandia, Germania, Austria, Lussemburgo, Svizzera, Serbia, Spagna, Paesi Bassi, Estonia, Israele, New York, Messico, Ecuador, Argentina e Corea del Sud.

12 OTTOBRE FRANÇOIS X

Techno

Progetto: Tactical Rebellion.
Concentrandosi sulle connessioni e sulla fusione in un unico progetto dei vari stili creativi della musica elettronica, François X prova a sfidare i concetti preesistenti della scena elettronica: un progetto che non segue le tendenze di stagione, libero invece di evolversi e svilupparsi. 
I sogni e l’utopia hanno un ruolo centrale in questo processo compositivo. Il Sogno, piacere estremo incoraggiato dalla musica e dalla passione che ci mettiamo; e l’Utopia (del club) che ci aiuta a sopportare la nostalgia, la tristezza, e qualche volta anche l’amarezza, in quella ricerca perpetua dell’esperienza che si può provare solo la “prima volta”.
Presentando un’ideologia espressiva, il progetto si concentrerà su “atmosfere sonore moderne e coerenti ispirate e forgiate da tutto ciò che ci circonda”, portando l’essenza della strada su frequenze tonali più mature.
L’album di debutto di François X, Irregular Passion, coglie le influenze del film di culto Blade Runner ed esplora la fascinazione della nightlife più intensa: euforia e malinconia, luci della ribalta o anonimato, contatto sessuale o voyeurismo...

Biografia: Protagonista da quasi un decennio della scena parigina underground, François X si è affermato come uno dei più sofisticati prodotti di esportazione nell’ambito della House e della Techno. Dal suo debutto nella produzione nel 2009, l’artista parigino è andato via via consolidando il suo genere inimitabile che va oltre la techno, in particolare con la rinomata etichetta di Dj Deep, Deeply Rooted e con la label di sua proprietà DEMENT3D. Dotato di una grande versatilità nutrita da una profonda conoscenza della cultura musicale, è cresciuto rapidamente fino a diventare key resident da Concrete Paris, per non dire delle frequenti apparizioni in club come il Berghain di Berlino, il Fabric di Londra e il Robert Johnson di Francoforte.
Il 2017 è stato fin qui l’anno più entusiasmante per François X, con il suo primo album Irregular Passion, disponibile su DEMENT3D alla fine dell’anno. L’LP rivela un lato sconosciuto di François e dimostra la sua abilità nel percorrere come mai prima d’ora una vasta gamma di generi effettuando un collegamento fra l’Electronica e i territori più rigorosamente House e Techno.

13 OTTOBRE MICHAEL MAYER

Elettronica

Progetto: A Story Without Words
“Concepisco il mio lavoro da DJ come quello di un mediatore fra le varie entità che definiscono un evento di dance. Il suono, la stanza, il pubblico, le luci, le vibrazioni. La musica elettronica mi consente di comunicare in modo sottile, senza dipendere dal linguaggio. Con la mia musica posso creare una narrazione che il pubblico può seguire a prescindere dal paese in cui mi esibisco. Sono sempre stato affascinato dalla gamma di emozioni che regala la musica elettronica e la mia passione più grande consiste nell’usare tutte i colori e le sfumature a mia disposizione per raccontare la mia storia. 
Dalla commedia al dramma, dalla malinconia alla gioia, dall’oscurità alla luce, dall’introspezione all’estroversione. Un grande DJ tocca tutti questi stati d’animo. Dovrebbe dipingere e celebrare la vita in tutte le sue sfumature. Proprio come il cinema, il teatro o la letteratura. La natura effimera di un DJ set non fa che aumentare l’entusiasmo. Può esistere solo nel momento presente, assume forme diverse a seconda del pubblico in sala e della location tanto quanto è guidato dal DJ. Si potrebbe ripetere l’evento con le stesse esatte precondizioni ma sarebbe ogni volta diverso.”

Biografia: In quanto DJ, produttore e remixer, Michael Mayer resta una delle principali celebrità tedesche della musica dance. Non è un segreto che passa i weekend viaggiando intorno al mondo. Si calcola che nel corso della sua carriera si sia esibito di fronte a milioni di persone. In quanto proprietario di Kompakt passa la settimana a decidere le prossime release dell’etichetta, a lavorare con gli artisti del label e a gestire il settore distributivo di Kompakt – che ospita una cinquantina di etichette discografiche. Sorprendentemente riesce anche a fare ogni tanto un salto in studio per remixare tracce di artisti quali i Pet Shop Boys, Depeche Mode, Foals e Rufus Wainwright. Possiamo dire che ama essere sfidato e a prescindere dalla pressione non mette mai meno del 100% del suo cuore e della sua anima in tutto ciò che fa.
Nella primavera del 2016 Mayer è uscito con il suo terzo album full-length, &, su K7, una collezione appassionata di tracce prodotte in collaborazione con artisti a lui vicini come Barnt, Prins Thomas, Hauschka, Joe Goddard, Miss Kittin, Kölsch or Roman Flügel.
Poco dopo è stato invitato a dare il suo contributo alla leggendaria serie DJ Kicks, sempre per K7.

14 OTTOBRE DASHA RUSH

Performance

Progetto: Territoires Éphémères è una performance transdisciplinare che unisce fra loro varie piattaforme artistiche come la visual art, la danza, i visual generativi in tempo reale, la musica elettronica e la poesia astratta insieme a elementi teatrali, in un’unica, effimera interazione. Diversamente da altri oggetti artistici, che presumibilmente si fissano nel tempo e in un determinato contesto – come la pittura, gli album musicali o il cinema, la performance esplora l’idea di arte “jetable”, usa e getta, un oggetto artistico che vive per un giorno solo.

Esplorando alcuni fragili territori come l’inconsistenza della memoria, le frizioni mentali e fisiche e la relatività della percezione, l’idea della performance si basa su materiale audiovisivo transitorio che non è concepito per essere trattenuto o preservato.
L’unica durata possibile per l’esperienza di Territoires Éphémères è “adesso” – una durata di 45 minuti circa.

Biografia: Dasha Rush è un’artista russa che passa il tempo viaggiando intorno al globo, portando contestualmente avanti una serie di progetti legati alla musica elettronica e all’arte. Oltre a release su etichette come Sonic Groove o Raster Noton e collaborazioni con alcune altre label, la maggior parte del suo lavoro esce sulle sue etichette, la Fullpanda records e la sub-label più sperimentale Hunger To Create.
Ha mosso i primi passi nella creazione musicale da giovanissima nel suo paese, la Russia. La sua preparazione è cresciuta organicamente intanto che Dasha si trasferiva in Francia, sviluppando una carriera da compositrice musicale, produttrice e dj sperimentando con varie forme artistiche in collaborazione con ballerini e pittori. 
Per Rush, il genere è un punto di partenza, non una destinazione. Produce un mix di sperimentazione musicale elettronica alquanto rara più vicina al breve movimento di musica underground le cui radici risalgono in parte all’inizio del XX° secolo e alla nascita di movimenti artistici del passato.
Il suo ultimo album su Raster-Noton, Sleepstep, può essere visto come una metafora del suo lavoro come musicista: “Questi 16 pezzi raccontano quello stato fra il sonno e la veglia”, afferma Tony Naylor, un riflesso delle zone intermedia spesso abitate dalla sua musica. Amorevole e intenso, brutale e tenero, nebuloso e terso – Sleepstep è una straordinaria massa di contraddizioni. Non essere né una cosa né l’altra è vitale per Rush, un bisogno che va di pari passo con la sua vena fortemente autonoma.
Rush ama spingere ed espandere i limiti della musica contemporanea, e continua a sperimentare con forme musicali e non, assemblando composizioni ben meditate in progetti interdisciplinari.
I suoi progetti audiovisivi Antarctic Takt, in collaborazione con il visual artist Stanislav Glaszov, sono una performance monocromatica audio/video che spedisce il pubblico in un viaggio immaginario verso un antartico astratto.
Ha debuttato all’Atonal Festival del 2014. Successivamente ha partecipato al Mutek Montreal nel 2015, all’L.E.V Festival in Spagna nel 2016, all’Ars Electronica in Austria nel 2016, e al Resonanz festival di Tokyo, al Volt Festival in Svezia, all’Alexandrinskii Theater di San Pietroburgo e al Barbican Center di Londra, fra gli altri.

È più recente lo show audiovisivo e installazione Dark Hearts of Space, in cui indaga la natura poetica e fisica di un buco nero. La performance è nata nel 2016 al Banff Center for Arts and Science in Canada, durante la Convergence Residency. La prima della performance AV si è svolta alla Sala Pierre-Mercure a Montréal nel corso della AV Vision del Mutek Festival. Hanno seguito le performance all’ Unsound Festival e al Lowry Theatre di Manchester.
Attualmente Dasha e il suo partner visuale Stanislav Glazov stanno sviluppando la versione di Dark Hearts of Space in quanto installazione, come inizialmente era stata concepita.
Negli ultimi anni è andata ampliando l’ambito delle sue attività. Attualmente Dasha fa parte del comitato di curatela dello Spacial Sound Institute di Budapest in occasione della residency che si concentra su nuovi sviluppi e sperimentazioni nella tecnologia del suono spaziale. 4DSOUND apre nuove possibilità per creare, eseguire e sperimentare il suono in relazione allo spazio, basandosi sullo specifico sistema 4D sound.
Dasha è una live perfomer rispettata e preparata, una compositrice di musica elettronica, un’artista del suono e una DJ, ma il suo lavoro è ugualmente concentrato lontano dalla pista, e qualche volta persino lontano dalla musica. Nel suo mondo strano e contorto le macchine sono protagoniste di un neo-romanticismo venato di sogni umani.

DOMENICA 21 OTTOBRE JULIAN HARGREAVES

Shooting fotografico

Progetto: La performance al Museo Nazionale Romano consiste nel presentare al pubblico l’esecuzione in diretta di un servizio fotografico per la realizzazione della copertina di un giornale di moda con una celebrity. In aggiunta l’intero servizio fotografico sarà anche ripreso da telecamere, che lo manderanno in streaming via web.
Per la prima volta verrà superato il velo di segretezza che normalmente ruota intorno allo shooting per la cover di un giornale, dalla scelta del personaggio, i vestiti utilizzati ed il layout del set.
“Il 21 di Ottobre scatterò la copertina del settimanale Io Donna, allegato del Corriere della Sera, con una celebrity femminile. E permetterò al pubblico, sia a quello presente in sala al Museo Nazionale Romano, che a quello che si collegherà in streaming via web, di assistere come un terzo occhio, alla lavorazione delicata dello scatto di copertina”.

Biografia: Julian Hargreaves è un fotografo italo-inglese di 44 anni. Il suo lavoro spazia tra ritratti di celebrities, scatti di moda e progetti artistici. Collabora da anni con testate quali “Vanity Fair”, “Vogue”, “Io donna”, “Grazia”, “AD”, “Casa Vogue”, e altre pubblicazioni internazionali, oltre che con maison di moda come Dolce&Gabbana, Roberto Cavalli, Salvatore Ferragamo e Giorgio Armani. Tra i suoi ritratti compaiono volti di personaggi di vari settori, quali Katy Perry, Richard Gere, Juliette Binoche, Laura Pausini, Paolo sorrentino, Clive Owen, Nicole Kidman, Colin Firth, Mika, Roberto Bolle e molti altri. Alcuni suoi scatti sono contenuti in libri fotografici di moda tra cui 20 Years of Dolce & Gabbana e Facce da Sport di Giorgio Armani. Attualmente sta lavorando a vari progetti culturali e fotografici, il prossimo si concretizzerà nella mostra Eccellenza Italiana, che verrà inaugurata a Tunisi il 13 luglio con il patrocinio dell’ambasciata italiana.

DOMENICA 28 OTTOBRE BERNDNAUT SMILDE

Mostra e talk

Progetto: Le fotografie delle ‘nuvole’ della serie Nimbus, realizzate all’interno delle Terme di Diocleziano, saranno esposte al Planetario e Smilde dialogherà con il pubblico svelando il segreto delle sue creazioni.

Biografia: Berndnaut Smilde (nato a Groningen nei Paesi Bassi nel 1978) attualmente vive e lavora ad Amasterdam. Il suo lavoro consiste in installazioni, sculture e fotografie. Smilde esplora la de-costruzione e ri-costruzione dei materiali; le luci, lo spazio, l’atmosfera e l’esperienza in relazione all’ambiente architettonico,  creando un nuovo momento di incontro fra tempo e realtà.
Il suo punto di vista artistico si concentra spesso sul concetto di dualità. Le domande che si pone vertono su interno ed esterno, temporalità, dimensione, funzione dei materiali e degli elementi architettonici. 
Smilde ha conseguito un Master al Frank Mohr Institute di Groningen. Fra i tanti riconoscimenti ottenuti una borsa dalla Netherlands Foundation for Visual Arts, Design and Architecture. Ha esposto i suoi lavori in tutto il mondo: De Groen Collection, Arnhem, Paesi Bassi (2017); Saatchi Gallery, Londra, Regno Unito (2017, 2012); Ronchini Gallery, Londra, Regno Unito (2017, 2014); Spazio 22, Milano, Italia (2016); L’Aia, Paesi Bassi (2015, 2012); Hong Gah Museum, Taipei, Taiwan (2016); Shanghai 21st Century Minsheng Museum of Modern Art, Shanghai, Cina (2014) e all’Irish Museum of Modern Art, Dublino, Irlanda (2008). È inserito nelle permanenti dello Smithsonian Institute, Washington, USA; Saatchi Gallery, Londra, Regno Unito; Bonnefanten Museum, Maastricht, Paesi Bassi; Frans Hals Museum – De Hallen Haarlem, Paesi Bassi; Cornell University, Ithaca, NY, USA. 
Artista olandese, Berdnaut Smilde unisce la tradizione della pittura d’interni olandese alle tecniche mediatiche e concettuali contemporanee. Interessato all’idea di temporalità, costruzione e decostruzione, con la serie Nimbus Smilde crea una vera “nuvola” in spazi interni, provocando un momento di fragilità in luoghi evocativi. Smilde crea le sue nuvole regolando con cura la temperatura e l’umidità della stanza, e poi, con l’ausilio di una macchina del fumo, di luci e dell’umidificazione, cattura il breve istante della creazione di una “nuvola” fluttuante. Nel 2012, TIME magazine ha selezionato le nuvole al chiuso dell’artista come una delle “migliori invenzioni dell’anno”. Smilde seleziona con cura le stanze in cui creare le nuvole, scegliendole in base alla loro importanza sia visiva che storica. Spesso preferisce luoghi in cui sia palese la destinazione dell’edificio. La scelta di Smilde sottolinea spesso la natura effimera delle creazioni, sia della nuvola che del contesto in cui si trova.

La collocazione di una nuvola in uno spazio chiuso offre un’intrigante giustapposizione visiva fra la nuvola, soffice ed eterea, e il rigore geometrico degli interni in cui si trova. Dal punto di vista della storia dell’arte, la serie Nimbus di Smilde può essere letta come una combinazione delle nuvole sognanti dipinte dal surrealista René Magritte e degli interni pittorici di Vermeer. Metaforicamente la serie Nimbus può essere vista come una rappresentazione dell’Unheimlich freudiano: qualcosa di familiare e straniante al tempo stesso. Smilde è interessato all’aspetto temporale del suo lavoro. Le nuvole esistono solo per pochi secondi prima di dissolversi.
A causa della natura effimera del lavoro, la fotografia è diventata il mezzo ideale per presentarlo.
Smilde è apprezzato a livello internazionale per le sue opere, che sono state presentate in musei e gallerie di tutto il mondo, fra cui il Bonnefantenmuseum di Maastricht, la Saatchi Gallery di Londra, l’Irish Museum of Modern Art di Dublino, lo Smithsonian Institution di Washington, DC, e il 21st Century Minsheng Museum di Shanghai.

DOMENICA 11 NOVEMBRE ZANELLATO E BORTOTTO

Performance

Progetto:
Per fare l’albero ci vuole il seme
Lo studio Zanellato/Bortotto sceglie di illustrare, attraverso una sorta di rituale, il processo creativo del designer.
Luci soffuse pongono l’attenzione al centro del Planetario, dove un palco circolare sarà luogo di svolgimento di questo percorso progettuale.
Dall’ideazione al disegno, si passerà poi all’esecuzione vera e propria per mano di un artigiano.
L’artigiano scelto è Giuliano Ongaro, dell’azienda Ongaro e Fuga, laboratorio muranese specializzato nella produzione di specchi veneziani.
I visitatori potranno quindi scoprire una tecnica ricercata e ormai quasi estinta che solo pochi hanno l’opportunità di conoscere.
Il progetto realizzato sarà in vetro di Murano ed ideato seduta stante dai progettisti.
Verrà creato in tempo reale per assaporare durante tutta la durata dell’evento il magico momento della sua nascita. Il tutto verrà condito da una colonna sonora ricca di suggestioni che si rifanno al mestiere in atto accentuandone suoni e ripetizioni.

Biografia: Zanellato/Bortotto è uno studio nato nel 2013 dalla collaborazione tra Giorgia Zanellato e Daniele Bortotto. Entrambi laureati allo IUAV di Venezia, proseguono poi i loro studi a Losanna, in Svizzera, dove frequentano un master in design del prodotto presso l’ECAL.
Il grande momento arriva nel 2013, in occasione del Salone del Mobile di Milano, dove i due presentano la collezione Acqua Alta all’interno del Salone Satellite; questo evento porterà ad importanti collaborazioni con marchi di rilievo internazionale, quali Rubelli e Moroso .
Proprio dalla collaborazione e dal legame con quest’ultimo nasce una collezione di salotti, “La Serenissima”, che viene presentata al Salone Internazionale del Mobile 2014.
Ad oggi Giorgia e Daniele contano diverse collaborazioni, con marchi italiani ed internazionali come Petite Friture, Galleria Luisa delle Piane, Camper, Moroso, Rubelli ed i loro lavori sono stati esposti in gallerie e musei quali Design Miami, Triennale Design Museum, Museo Poldi Pezzoli, ed altri. Nel 2017 vincono il “Red Dot Award: Best of the Best” con il prodotto Castello della collezione Storie, disegnata per Cedit Ceramiche d’Italia.
Il progetto Marea (2018) presenta una collezione di mobili contenitori che trae ispirazione dal metallo in quanto materiale vivo e in continuo mutamento. Il tempo e la natura lasciano tracce uniche e i metalli hanno la capacità di trattenerle raccontando una storia, influenzando l’aspetto dei prodotti.

Ossidazioni sovrapposte applicate a ottone, rame e ferro – esito della ricerca esclusiva De Castelli – creano effetti “acquerellati”, trasmettendo sensazioni fortemente materiche e suggestioni che rimandano al passaggio delle onde.

DOMENICA 18 NOVEMBRE FRANCIS KURKDJIAN

Installazione olfattiva

Progetto: Per accentuare la visione multidisciplinare del benessere, il pubblico sarà invitato a esercitare i propri sensi. Il Planetario infatti accoglierà̀ un’installazione olfattiva del maître parfumeur Francis Kurkdjian.
Dopo aver fatto rivivere grandi luoghi di cultura, come Versailles o il Grand Palais, Kurkdjian condurrà i visitatori, con le sue fragranze, in un inebriante viaggio nella memoria.

Biografia: Francis Kurkdjian fa il suo ingresso nel mondo dei profumi all’età di 25 anni, con la creazione di “Le Mâle” per Jean Paul Gaultier. Nel 2001, apre il suo laboratorio di profumi personalizzati, collaborando anche con artisti contemporanei. Allo stesso tempo, crea installazioni olfattive al castello di Versailles, al Grand Palais, a Shanghai o a Firenze, regalando sogni agli spettatori con le sue eteree performance profumate. Tutto questo senza mai smettere di lavorare per marchi di notorietà internazionale. Nel 2009, fonda con Marc Chaya la sua omonima casa di profumi, inserendola nella tradizione dei marchi di lusso che portano il nome del loro creatore. Oggi uno dei più famosi profumieri, Francis Kurkdjian immagina territori di espressione libera, sensuale, generosa, in cui il profumo è naturalmente l’eroe.

DOMENICA 9 DICEMBRE WARREN DU PREEZ / NICK THORNTON JONES

Installazione con talk animato da Alessio De Nevasquez

Progetto: Bjork/Notget Vr/ diretto da Warren Du Preez & Nick Thornton Jones

Biografia: W&N hanno iniziato a collaborare nel 1998, spinti dalla passione comune per la creazione di immagini e dal desiderio di esplorare le possibilità di unire i loro ambiti di lavoro, fra arte fotografica e emergenti discipline digitali. Il loro particolare approccio alla comunicazione visiva
e alla sperimentazione ha prodotto oggetti artistici originali e di grande impatto.

DOMENICA 16 DICEMBRE QUINTUS MILLER

Installazione e talk

Progetto: al Planetario, Quintus Miller presenta una passeggiata intorno ad una “insolita costellazione” di frammenti, spazi, materiali e suoni. Permetterà al visitatore di scoprire una topografia del pensiero architettonico, attraverso ricordi ed esperienze vissute, e di comprendere la sorprendente capacità dell’architettura di formare e trasmettere associazioni impreviste.

Biografia: Quintus Miller (*1961) è un architetto laureato all’ETH di Zurigo e membro di SIA e BSA. Insieme a Paola Maranta ha fondato nel 1990 a Basilea lo studio di architettura Miller & Maranta, che impiega oltre 40 persone impegnate in progetti in Svizzera e all’estero.
Oltre a vari premi, Quintus Miller e Paola Maranta hanno ricevuto la RIBA International Fellowship a Londra nel 2012. Nel 2013 hanno ricevuto il Premio Meret Oppenheim dell’ Ufficio federale della cultura e nel 2018 la Medaglia Heinrich Tessenow per la loro opera completa.

Quintus Miller è stato professore ospite all’EPF di Losanna e al Politecnico di Zurigo. Dal 2009 è professore ordinario all’Accademia di Architettura di Mendrisio. È stato membro della Commissione di pianificazione urbanistica della Città di Lucerna (2004-2008) e della Commissione per la conservazione dei monumenti della Città di Zurigo (2005-17). Dal 2011 è membro della Commissione del Cantone Basilea Città.

TERME DI DIOCLEZIANO. LA STORIA

Le Terme di Diocleziano, le più estese del mondo antico, sono la sede storica del Museo Nazionale Romano.
Istituito nel 1889 come uno dei principali centri di cultura storica e artistica dell’Italia unita, è nato per accogliere ed esporre le opere di collezioni storiche passate allo Stato e le numerose antichità che emergevano dai lavori di adeguamento di Roma al suo nuovo ruolo di Capitale del Regno d’Italia. Il Museo era destinato ad accrescere il patrimonio memorabile e artistico della città e a contribuire con esso nel modo più efficace all’incremento della cultura. Circa un secolo dopo la sua istituzione nelle Terme di Diocleziano, il Museo è stato riorganizzato in quattro sedi distinte: alle Terme si sono aggiunti Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e la Crypta Balbi.
Le Terme di Diocleziano furono erette in soli otto anni, tra il 298 e il 306 d.C., nella zona tra i colli Viminale e Quirinale e si estendevano su una superficie di oltre 13 ettari. Erano delimitate da un ampio recinto e da una grande esedra con gradinate, corrispondente all’odierna piazza della Repubblica; ai lati dell’esedra si trovavano due biblioteche affiancate, ai margini del recinto, da due sale circolari: una trasformata nel 1598 nella chiesa di S. Bernardo, l’altra tuttora visibile all’inizio di via del Viminale.
Gli ambienti principali, frigidarium, tepidarium e calidarium, erano posti in successione lungo un asse centrale ai lati del quale si articolavano simmetricamente tutte le altre aule: accanto al frigidarium erano poste due grandi palestre scoperte. Allineate con il calidarium erano due aule ottagone, una delle quali fu utilizzata dal 1928 agli anni Ottanta del secolo scorso come Planetario.
Il complesso fu restaurato all’inizio del V secolo e rimase probabilmente in uso per pochi altri decenni. Dopo quasi mille anni di abbandono, nel 1561 Papa Pio IV decise di realizzare all’interno delle Terme una basilica con annessa certosa dedicata alla Madonna degli Angeli e alla memoria dei martiri cristiani che, secondo la leggenda, erano morti durante la costruzione delle Terme.
Il progetto fu affidato a Michelangelo che, rispettoso dell’edificio antico, utilizzò il frigidarium e il tepidarium senza alterarne le caratteristiche e ideò il Chiostro grande. Negli stessi anni fu realizzato anche il Chiostro piccolo (detto Ludovisi per la collezione di antiche sculture che a lungo ospitò e oggi a Palazzo Altemps), adiacente al presbiterio della chiesa, che occupa circa un terzo della grande piscina delle Terme (natatio).
A partire dal 1575, con Gregorio XIII, le Grandi Aule delle Terme furono trasformate in granai e depositi per l’olio.

LE GRANDI AULE DELLE TERME DI DIOCLEZIANO
L’aula VIII ospita alcuni dei grandiosi frammenti architettonici delle Terme. Attraverso un prospetto scandito da pilastri e colonne, l’aula si affacciava verso la natatio di cui è ora visibile parte della monumentale facciata. La piscina si estendeva per circa 4.000 mq. La facciata, il cui restauro ha evidenziato la scansione architettonica, era disegnata sul modello delle scene dei teatri, con tre ordini di colonne che inquadravano nicchie con statue. La sua superficie era rivestita di marmi colorati e mosaici che creavano straordinari effetti di policromia.
L’aula X era uno degli ingressi al corpo centrale delle Terme. Qui è esposto il sepolcro cosiddetto dei Platorini, scoperto nel 1880 sulla riva destra del Tevere. È importante ricordare che al Museo delle Terme di Diocleziano sono confluiti i reperti trovati a Roma e nelle periferie. Per questo motivo sono inoltre esposte due tombe a camera ricavate all’interno di un grosso nucleo di tufo, scavate nel 1951 lungo la via Portuense.
Nelle nicchie dell’aula sono collocate statue di uomini togati e di donne panneggiate, di provenienza ignota, ma da probabili contesti funerari.
L’aula XI era adibita a conserva d’acqua del complesso termale, e attualmente è esposto un grande mosaico bianco e nero, risalente al II secolo d.C. Rinvenuto nel 1931 nell’area archeologica della villa neroniana di Anzio, ha una superficie di circa 80 mq. Al centro, tra eleganti volute, è rappresentato Ercole mentre stringe vittorioso il corno appena strappato dal capo sanguinante del dio fluviale Acheloo.

Ultima modificaLunedì, 06 Agosto 2018 18:08
  • Data inizio: Venerdì, 14 Settembre 2018
  • Data fine: Domenica, 16 Dicembre 2018
  • Evento a pagamento:

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