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Romanticismo a Milano

Romanticismo a Milano Romanticismo a Milano

Milano, Museo Poldi Pezzoli, fino al 17 marzo 2019 Una grande mostra che affronta per la prima volta l’originalità del contributo italiano all’arte del Romanticismo.

  • Una grande mostra che affronta per la prima volta l’originalità del contributo italiano all’arte del Romanticismo
  • 200 opere di artisti sia italiani che stranieri, da Hayez a Corot, da Turner a Molteni Molte opere inedite, esposte al pubblico per la prima volta
  • Un invito a conoscere la Milano romantica, alla scoperta dei luoghi che ne fecero la capitale italiana del movimento
  • Un racconto che attraverso l’arte fa luce anche sulla musica, la letteratura, la poesia

Le Gallerie d’Italia – Piazza Scala, sede museale di Intesa Sanpaolo a Milano, e il Museo Poldi Pezzoli presentano dal 26 ottobre 2018 al 17 marzo 2019 Romanticismo, a cura di Fernando Mazzocca, la prima mostra dedicata al contributo italiano al movimento che ha cambiato la sensibilità e l’immaginario del mondo occidentale nel corso della prima metà dell’Ottocento.

Le 200 opere selezionate ripercorrono il vivace confronto e dibattito culturale svoltosi tra l’Inghilterra, la Francia e i Paesi del Nord, soprattutto la Germania e l’Impero austriaco, a cui partecipò l’Italia, negli anni che vanno dal Congresso di Vienna alle rivoluzioni che nel 1848 sconvolsero il vecchio continente.

Di queste, 42 non sono mai state esposte prima d’ora: provengono per lo più da collezioni private e comprendono esemplari di Caffi, Hayez, Induno, Molteni; 14 opere inoltre non sono mai state viste in Italia e giungono dalle più importanti istituzioni museali estere, quali il Belvedere di Vienna e l’Ermitage di San Pietroburgo, da cui giungono capolavori di Friedrich, e la National Gallery di Londra che presta un dipinto di Corot.

Molti i musei coinvolti in Italia, solo per citarne alcuni: l’Accademia Carrara di Bergamo, i Musei Civici d’Arte e Storia di Brescia, la GAM-Civica Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e Palazzo Reale di Torino, l’Accademia di Brera, la Galleria d’Arte Moderna e Palazzo Reale di Milano, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Galleria degli Uffizi e la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Museo di San Martino e Palazzo Reale di Napoli. Eccezionale partecipazione del Teatro alla Scala di Milano per il prestito di alcuni costumi di scena.

La rassegna prende in considerazione anche i fermenti preromantici e le ultime manifestazioni di una cultura che, almeno nel nostro Paese, avrà termine con l’Unità d’Italia e l’affermazione del Realismo, che del Romanticismo rappresenta l’antitesi.

Milano è la città italiana che più di tutte ha avuto in quegli anni una maggiore vocazione europea, è stata uno dei centri della civiltà romantica, sia per quanto riguarda le arti figurative che sul versante letterario e musicale. Basti pensare alle esposizioni d’arte che si sono tenute in quegli anni all’Accademia di Brera, alle sue imprese editoriali, ai suoi teatri, tra cui La Scala e il Carcano, ai protagonisti che l’hanno abitata, come Alessandro Manzoni, Ugo Foscolo, Francesco Hayez, Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi.

Come nel resto d’Europa, anche in Italia non è esistito uno stile romantico comune, ma linguaggi individuali di artisti tra loro molto diversi. La mostra vuole restituire questa diversità, vera forza del Romanticismo, i cui ideali di “spontaneità”, di “individualità” e di “verità interiore” hanno avuto una penetrazione più vasta di quella delle idee illuministe, corrispondendo esattamente alle attese di una società profondamente cambiata dopo la Rivoluzione francese e l’età napoleonica.

La mostra è articolata in 21 sezioni – 16 alle Gallerie d’Italia e 5 al Museo Poldi Pezzoli – che ripercorrono i temi più significativi dell’arte romantica. Assistiamo alla rottura nella gerarchia dei generi per cui alcuni prima considerati “minori”, come il paesaggio, il ritratto, la rappresentazione della vita del popolo, assumono lo stesso interesse e importanza della pittura sacra e della pittura di storia, per tradizione collocate al primo posto e anch’esse completamente rinnovate dalla nuova sensibilità del Romanticismo.

Nuove attribuzioni, opere inedite e una impegnativa campagna di restauri che ha riguardato molte delle opere esposte amplificano il contributo scientifico apportato dalla mostra.

Giovanni Bazoli, Presidente Emerito di Intesa Sanpaolo, afferma: “Le Gallerie d’Italia, il nostro museo nel cuore di Milano, hanno presentato in questi anni capolavori di varie epoche, attestando l’impegno di Intesa Sanpaolo nel promuovere la cultura e la conoscenza dello straordinario patrimonio d’arte del Paese. Da Hayez, a Bellotto e Canaletto, all’Ultimo Caravaggio, le grandi esposizioni ospitate alle Gallerie d’Italia si sono contraddistinte per alto profilo scientifico, unicità e respiro internazionale. Ne è ulteriore conferma la mostra che presentiamo oggi, la prima rassegna dedicata all’originale contributo dato dall’Italia al Romanticismo europeo e di cui Milano fu assoluta protagonista. In collaborazione con una prestigiosa istituzione, il Museo Poldi Pezzoli, attraverso 200 opere provenienti dai principali musei nazionali e internazionali, il percorso illustra un’appassionante stagione artistica e culturale, che vide l’Italia confrontarsi con la modernità alla ricerca di un’identità nuova.”

Gian Giacomo Attolico Trivulzio, Presidente del Museo Poldi Pezzoli, dichiara: “Il Romanticismo, di cui Milano è stata protagonista indiscussa in Italia, trova nel Museo Poldi Pezzoli una straordinaria rappresentazione “immersiva”: i visitatori percorrono le stanze del palazzo di Gian Giacomo Poldi Pezzoli (protagonista della cultura ottocentesca) per scoprire i dipinti e le sculture della mostra, per raggiungere infine la Wunderkammer dedicata a Dante, una delle testimonianze superstiti più emblematiche e affascinanti del Romanticismo nel nostro Paese. Non è solo una mostra artistica, voluta e organizzata con estrema perizia dalle Gallerie d’Italia e dal curatore Fernando Mazzocca, insieme al Museo Poldi Pezzoli, ma l’affresco che ritrae la vita culturale e l’atmosfera quotidiana della città nei decenni centrali del XIX secolo”.
Il catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, contiene, insieme alle schede delle opere, saggi del curatore e di Virginia Bertone, Omar Cucciniello, Lavinia Galli, Sabine Grabner, Stefano Grandesso, Francesco Leone, Monica Tomiato, Luisa Martorelli, Susanna Zatti, che approfondiscono in ampia visione i temi affrontati nella mostra.

I temi e gli artisti: alle Gallerie d’Italia

Dalle finestre sulla nuova epoca si affacciano pittori come Caspar David Friedrich, rappresentato in mostra con tre opere mai esposte in Italia: Vista dallo studio dell’artista, dal Belvedere di Vienna, Finestra con vista su un parco e Luna nascente sul mare, dall’Ermitage di San Pietroburgo, che diventano l’emblema della visione romantica della realtà. Una visione fortemente interiorizzata testimoniata anche nelle opere di Giovanni Battista De Gubernatis, Studio del pittore a Parma, Massimo d’Azeglio, Lo studio del pittore a Napoli e Carlo Canella Il pittore Giuseppe Canella nel suo studio.

La natura diventa il soggetto preferito dei grandi paesaggisti piemontesi, tra cui spiccano Giovanni Battista De Gubernatis, Giuseppe Pietro Bagetti, Luigi Baldassarre Reviglio e Massimo d’Azeglio che, con i loro acquerelli e tempere, rendono l’emozione di una natura incontaminata, dominata dagli elementi dove la voce del vento mette in sintonia l’uomo con la natura o alimenta l’esaltante inquietudine del sentimento dell’infinito, dello smarrimento e dell’ansia cosmica.

Il percorso evidenzia il diverso modo in cui soggetti simili vengono declinati in modo profondamente diverso al di qua e al di là delle Alpi: è il caso degli artisti lombardi, Luigi Basiletti, Marco Gozzi e Giuseppe Canella, che vengono qui confrontati con Jean-Baptiste-Camille Corot. Alla natura intima, eterea, malinconica, nostalgica e personale del francese si contrappone quella scenografica e drammatica dei lombardi, che non mancano di esaltare anche la bellezza dei cieli sotto cui dipingevano. Giuseppe Canella, Giuseppe Bisi e Luigi Basiletti riescono a rendere l’atmosfera e la botanica di una terra prospera e felice quale la Franciacorta.

Un capitolo della mostra è dedicato allo stupore della notte, alla scoperta dei paesaggi notturni che incantano in particolare gli artisti italiani con il fascino delle tenebre, insieme all’inquietudine affiorante con le paure dell’ignoto. Protagonista indiscussa diventa la luna, che con la sua luce, magistralmente catturata sulle tele di Giuseppe Pietro Bagetti, dona un nuovo significato ai notturni delle località più amate dai viaggiatori e predilette da pittori italiani e stranieri, come la Venezia di Ippolito Caffi, la Capri di Salvatore Fergola e il Golfo di Napoli di Joseph Rebell.

Le scene storiche traggono ispirazione dall’antichità, da vicende moderne, o dalla mitologia, come sulle tele del francese Lancelot-Théodore Turpin de Crissé. Varcata la metà dell’Ottocento si andrà affermando una diversa rappresentazione della realtà, di cui Giovanni Andrea Carnovali, detto il Piccio e Ippolito Caffi saranno tra i maggiori interpreti: più che il soggetto, a dominare le loro opere sono gli effetti della luce e i valori atmosferici, resi in modo quasi impressionistico.

Il genere della veduta o meglio “pittura urbana” è reinventato da artisti come Angelo Inganni, Giovanni Migliara e Ferdinand Georg Waldmüller per valorizzare i monumenti, antichi e moderni, del nostro Paese e rappresentare la vita quotidiana che animava le città. Una pittura che, nella sua dimensione civile, rispondeva all’interesse per la società tipico del Romanticismo italiano, soprattutto a Milano.

Una sezione è dedicata a una serie di capolavori di artisti napoletani e stranieri, molti dei quali mai esposti, esponenti della cosiddetta Scuola di Posillipo: Gonsalvo Carelli, Raffaelle Carelli, Franz Ludwig Catel, Thedore Duclère, Salvatore Fergola, Giacinto Gigante, C. Wilhelm Gotzloff, Alessandro La Volpe, Antonio Pitloo, Silvester Feodor Scedrin, Gabriele Smargiassi, William Turner, Frans Vervloet. I loro dipinti, richiesti dalla corte e ambiti dai collezionisti di tutto il mondo, hanno immortalato per sempre la bellezza di Napoli, Amalfi e Sorrento.
Una panoramica sul tema dell’acqua è offerta da Giuseppe Bisi, Giuseppe Canella, Angelo Inganni e Ippolito Caffi nei loro originalissimi dipinti che catturano la particolare atmosfera di tre città come Milano, Venezia e Parigi. Le acque, quelle dei Navigli, dei Canali e della Senna, erano la componente più affascinante e caratteristica dello scenario urbano.

Come la pittura di paesaggio, anche il ritratto, ha conosciuto in età romantica un grande incremento e una profonda trasformazione. Di particolare interesse la sezione dedicata a uno dei personaggi più emblematici del Romanticismo: Alessandro Manzoni. Si fece ritrarre pochissimo, in primis da suo genero Massimo d’Azeglio e dall’amico Giuseppe Molteni, ma soprattutto da Francesco Hayez. I due ritratti sono accompagnati da una serie di dipinti, sempre di Molteni e di Hayez, ma anche di altri autori come Andrea Gastaldi ed Eliseo Sala, che documentano la popolarità goduta da I Promessi Sposi.

Altri protagonisti del ritratto in Italia sono il Piccio, Basiletti, Giuseppe De Albertis, Pietro Ayres, Friedrich
von Amerling, Karl Pavlovicˇ Brjullov, Alessandro Puttinati, Vincenzo Vela che si cimentano nella
capacità di rendere l’anima, il carattere e le inclinazioni del soggetto, spesso rappresentato nell’ambiente domestico, attorniato dagli oggetti più cari.

Il Romanticismo segnò una svolta anche nel genere del nudo: il corpo femminile venne preferito a quello maschile per la sua sensualità, misteriosità e sinuosità, anche se sublimato, identificando il nudo in quello di creature bibliche o letterarie. Tra gli artisti in mostra: Torquato Della Torre, Hayez e Natale Schiavoni.

Strettamente connessa alla sezione precedente quella su popolari temi biblici, come il Diluvio, la morte di Abele e l’abbandono di Ismaele. Il vivace dibattito sui valori della fede e i nuovi interrogativi che hanno caratterizzato il Romanticismo si riflettono nelle imprese decorative e nei molti dipinti realizzati per le chiese in tutto il territorio della Lombardia, soprattutto nelle campagne. A confronto le opere realizzate da pittori e scultori molto diversi per estro e sensibilità: Giovanni Andrea Carnovali, Francesco Coghetti, Filippo Giuseppini, Giuseppe De Albertis, Domenico Induno, Gaetano Motelli, Giovanni Strazza, Giacomo Trécourt.

Grande spazio viene lasciato a quello che viene definito il riscatto dei miserabili: gli strati più bassi della società irrompono nelle tele di Paolo De Albertis, Domenico Induno, Giuseppe Molteni, Giovanni Pandiani, Léopold Robert, Ferdinand Georg Waldmüller, rivendicando il loro posto nella storia della memoria.

La grande pittura storica continua ad essere considerata il genere più nobile e l’obiettivo privilegiato da un pittore che ricerchi la fama. Indiscusso protagonista è Hayez con Romeo e Giulietta, o l’infelice Caterina Cornaro, in cui si identifica la gioventù destinata a realizzare l’Unità d’Italia. Karl Brjullov, Sebastiano De Albertis, Ludovico Lipparini, Pasquale Massacra, Cesare Mussini rivelano una novità sperimentale dove diversi linguaggi sono messi a confronto sul tema della morte dell’eroe: Francesco Ferruccio finito da Maramaldo e Marco Botsaris, immolatosi per la libertà della Grecia.

Una spettacolare sezione è dedicata alla rivoluzione romantica in scultura: due opere manifesto, divenute subito popolari come simbolo delle aspirazioni risorgimentali, il Masaniello di Alessandro Puttinati e lo Spartaco di Vincenzo Vela rappresentano i controversi protagonisti di due rivolte di popolo dove era in gioco la libertà, in dialogo con i nudi di Pietro Tenerani e le sculture di Antonio Piatti e Giovanni Dupré.

L’ultimo capitolo vede i maggiori protagonisti del Romanticismo italiano, Francesco Hayez e Giuseppe Molteni, messi a confronto in due capolavori, allegorie delle aspirazioni e dei tormenti del secolo inquieto: la libertà negata alla Schiava dell’Harem di Molteni, chiusa nel suo dolore, e la libertà per cui l’Italia ha combattuto nel 1848, rappresentata dalla Meditazione di Hayez.

Infine, alcuni costumi provenienti dalla Scala, delle più famose opere ottocentesche (Nabucco, Anna Bolena – indossato da Maria Callas nel celebre allestimento di Luchino Visconti –, Lucia di Lammermoor) e un ricco apparato video, con spezzoni delle opere liriche e di film ispirati ad esse e/o al clima romantico in genere, racconteranno il successo culturale che è proseguito fino al Novecento.

I temi e gli artisti: al Museo Poldi Pezzoli

La mostra si apre con un percorso sulla dimensione civile e didattica della pittura di storia, che ricordava e faceva riflettere sull’antica grandezza in un momento in cui l’Italia sembrava aver perso o comunque messo in discussione l’antico primato. Vicende esemplari di uomini illustri come Tasso, Petrarca e Raffaello, venivano rappresentate in opere di grandi dimensioni il cui requisito principale doveva essere la fedeltà della ricostruzione di ambienti e costumi. Il trionfo della Libertà di Luigi Mussini è una sorta di manifesto, che riunisce i protagonisti della storia dell’umanità, del culto romantico dei grandi ideali che avevano segnato il cammino verso il progresso.

Segue un excursus nell’iconografia dell’artista romantico, con Hayez che propone un’immagine spiazzante di sé, al di là di ogni ufficialità, mentre Migliara e Amanzia Guérillot sono sorpresi nel loro studio davanti al cavalletto, da Molteni e Inganni. Guardabassi si ritrae insieme ad un pappagallo, irriverente simbolo della pittura che cerca di imitare la realtà, e Guardassoni davanti ad una macchina fotografica destinata a diventare sia rivale che alleata degli artisti.

Traendo spunto dal celebre Gabinetto Dantesco, realizzato da Giuseppe Bertini e qui conservato, viene inserita una sezione dedicata al culto di Dante. La sua rivalutazione è avvenuta proprio nell’Ottocento e si è manifestata in tutta Europa, attraverso dipinti che ne hanno rappresentato sia le esemplari vicende biografiche, sia gli episodi e i personaggi più coinvolgenti della Divina Commedia.

Si giunge poi alle vicende del 1848-1849 che hanno scosso profondamente anche l’Italia, in particolare la Milano delle Cinque Giornate, Venezia che fa rivivere la Repubblica di San Marco resistendo eroicamente agli Austriaci, e la Roma della gloriosa Repubblica di Mazzini e Garibaldi con il capolavoro assoluto La Trasteverina colpita da una bomba di Gerolamo Induno, opera di denuncia degli orrori della guerra.

Infine al Poldi Pezzoli il visitatore può incontrare nella loro casa, in un percorso immersivo, due protagonisti assoluti della Milano romantica, Rosina Trivulzio e Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Incontriamo la prima, committente di Lorenzo Bartolini, nella sala dedicata al suo maestro di disegno Giovanni Battista Gigola, artista unico precursore del Romanticismo, non tanto in pittura, quanto in una tecnica più desueta e quasi misteriosa come la miniatura su avorio e pergamena. Testimone delle stagioni rivoluzionaria e napoleonica, ha realizzato con uno stile personalissimo una serie di codici miniati in pergamena che ci trasportano in atmosfere sognanti con Giulietta e Romeo e il Corsaro di Lord Byron.

L’inesauribile fantasia del genio preromantico Gigola ci trasporta in un medioevo sognato che prelude all’ultima sala della mostra, il Gabinetto dantesco. Lo studiolo di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, con le vetrate di Giuseppe Bertini suggella così gli ideali patriottici risorgimentali incarnati dal poeta esule.

Infine, fuori catalogo, è esposta una selezione di disegni romantici della collezione Lampugnani con opere di Francesco Hayez, Giovanni Migliara e Luigi Sabatelli.

Scheda tecnica

Periodo:
26 ottobre 2018 - 17 marzo 2019

Sedi:
Gallerie d’Italia Piazza della Scala, 6 800 167619 | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Orari: 9.30 – 19.30 (Giovedì chiusura alle ore 22.30) – Lunedì chiuso
Museo Poldi Pezzoli Via Manzoni, 12
02 794889 – 02 796334 | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Orari: 10.00 – 18.00 (Giovedì chiusura alle ore 22.30) – Martedì chiuso

Tariffe
10 € accesso in una sola sede della mostra, 7 € accesso alla seconda sede (previa presentazione del primo biglietto d’ingresso)

Le sezioni della mostra

GALLERIE D’ITALIA

I. UNA FINESTRA SULL’INFINITO

Friedrich è stato il pittore che ha meglio interpretato il nuovo rapporto tra l’uomo e la natura, altrimenti presente anche in letteratura e nella musica. La sua ansia cosmica e il suo senso dell’infinito li ritroviamo espressi con la stessa intensità e originalità, pur se tra i due non è mai esistito alcun rapporto, nelle poesie di Leopardi. Anche per questo alcuni suoi capolavori compaiono in questa sezione che, in forma di prologo, è dedicata al motivo della finestra, diversamente declinato da artisti di differente provenienza.

La finestra è l’emblema della visione romantica della realtà. Una visione fortemente interiorizzata dato che l’artista, dopo la pratica oggettiva dello studio dal vero, restituisce la natura in una rappresentazione emotiva, assolutamente personale, in cui proiettare i propri sentimenti e le proprie ansie. Dopo gli studi eseguiti en plein air, il dipinto finale veniva realizzato in studio e la finestra, come quella che appare nel ritratto del pittore Giuseppe Canella, rappresenta quell’occhio dell’animo attraverso cui la realtà viene indagata e riportata alla propria esperienza individuale.

I pittori qui considerati, veri e propri sperimentatori dei nuovi confini della pittura di paesaggio, rappresentando la finestra del proprio studio hanno realizzato un particolarissimo autoritratto.

II. CIME TEMPESTOSE. L’EMOZIONE DEL SUBLIME

Questa, come la sezione successiva, dimostra come la nuova sensibilità romantica abbia fatto la sua comparsa, agli inizi del secolo, proprio nella pittura di paesaggio, quasi vent’anni prima rispetto alla più celebrata pittura di storia.

Protagonisti di questa fase che potremmo definire “preromantica” sono stati i grandi paesaggisti piemontesi, tra cui spiccano Giovanni Battista De Gubernatis e Giuseppe Pietro Bagetti. Prediligendo una tecnica particolare e molto personale come l’acquerello hanno saputo restituirci l’emozione di una natura incontaminata, dominata dagli elementi dove la voce del vento, come nel famoso romanzo di Emily Brontë, mette in sintonia l’uomo con la natura. Il vento e i suoi effetti diventano oggetto della rappresentazione stessa, perché è proprio in circostanze atmosferiche particolari, legate dunque all’eccezionalità del sublime, che il cielo, le nuvole, le piante e ogni altro aspetto del paesaggio ci rivelano meglio i loro segreti e ci entrano nell’anima.

L’emozione di questi paesaggi ripresi dal vero, ma poi rielaborati nel silenzio dello studio, viene in certi casi, come nel colto De Gubernatis, suscitata anche dall’inserimento di romantiche rovine medievali o di monumenti funerari che rimandano alla caducità della vita.

III. LE ALPI, CATTEDRALI DELLA TERRA

Anche per la loro estrazione geografica, sono stati i paesaggisti piemontesi ad accorgersi per primi della bellezza sublime e terribile delle Alpi. Un aspetto del paesaggio italiano che non era stato prima considerato e che sembrò venire alla ribalta, quando questo grandioso baluardo di difesa dell’Italia, queste “cattedrali della terra”, come le definì Ruskin, furono violate da Napoleone che proprio all’inizio del nuovo secolo aveva valicato con il suo esercito il passo del Gran San Bernardo.

Soprattutto Bagetti – che non a caso fu un formidabile reporter al seguito proprio delle truppe napoleoniche di cui rappresentò le leggendarie battaglie – è stato il maggiore interprete dell’esaltante sentimento dell’infinito, dello smarrimento e dell’ansia cosmica che proviamo di fronte a questo maestoso palcoscenico naturale dove, come nel caso della spettacolare architettura della Sacra di San Michele, l’arte è riuscita a inserirsi dialogando con la natura. Questo eccezionale monumento, testimonianza di un’età quella medievale in cui l’uomo era più vicino a Dio, diventa un luogo di culto del Romanticismo come si vede nelle due sue diverse rappresentazioni, ora messe per la prima volta a confronto, di Bagetti e d’Azeglio.

IV. LA NATURA COME SPETTACOLO E COME STATO D’ANIMO

I paesaggisti romantici hanno ereditato da quelli neoclassici l’attrazione per il fenomeno naturale delle cascate – frequente in una terra montuosa come l’Italia – dove l’acqua mostra la sua forza in uno spettacolo la cui strana bellezza, legata alla categoria del sublime, prevale sulle manifestazioni più pacate della natura. I lombardi, Luigi Basiletti e Marco Gozzi sono qui confrontati con Corot, uno dei grandi paesaggisti del secolo, innamorato dell’Italia e in particolare dell’immutata bellezza della campagna romana.

La scoperta della sommessa bellezza della campagna lombarda modificata dal lavoro dell’uomo, che ha trovato un grande interprete nel Manzoni dei Promessi sposi, si deve a pittori come Giuseppe Bisi e Luigi Basiletti. Quest’ultimo ha saputo rendere ogni caratteristica, atmosferica e botanica, di una terra prospera e felice quale la Franciacorta.

Le due straordinarie vedute della campagna romana di Corot e Giuseppe Canella, due artisti dalla sensibilità molto simile, rivelano, rispetto alla dimensione eroica in cui era stata rappresentata nel passato, una malinconia e un sentimento di nostalgia tutto romantico.

V. LO STUPORE DELLA NOTTE

In tutta Europa, ma in particolare in Italia, la vera scoperta del paesaggio romantico è il fascino della notte, quando la natura sembra velarsi di mistero ed entrare in sintonia con la nostra anima, con i percorsi del cuore.

Ma dall’oscurità sembrano emergere anche le paure, come nello scenografico acquerello di Bagetti dove il Noce di Benevento diventa il fantasmagorico scenario di un sabba infernale. Sempre a Bagetti – che mostra la straordinaria varietà dei suoi registri rivelandosi una dei testimoni più versatili del nostro Romanticismo – si deve la più riuscita rappresentazione della luce della luna, l’astro più amato anche dai musicisti (la “casta diva” di Norma o il “viso argenteo” che brilla nella “notte placida” del Trovatore) o dai poeti come Leopardi o dai romanzieri come Manzoni (il “tremolare e l’ondeggiar leggiero della luna” che dal cielo si specchia sulle acque).

È sempre la luce della luna a dare un nuovo significato ai notturni delle località più amate dai viaggiatori e predilette da pittori italiani e stranieri, come la Venezia di Ippolito Caffi, la Capri di Salvatore Fergola e il Golfo di Napoli, che ha ispirato uno straordinario capolavoro di Rebell. Si tratta dello scenografico dipinto, donato a Maria Luigia duchessa di Parma, dove in una notte tempestosa la luce della luna gareggia con quella del Vesuvio in eruzione.

VI. IL PAESAGGIO. DALL’INVENZIONE ALLA REALTÀ

Si deve a un futuro protagonista del nostro Risorgimento, l’aristocratico torinese Massimo d’Azeglio, l’introduzione e la fortuna alle esposizioni di Brera a Milano di un nuovo genere di paesaggio in cui gli elementi, pur studiati dal vero, facevano da sfondo a scene storiche ispirate all’antichità o a vicende più moderne, come la morte del leggendario conte di Montmorency, uno degli eroi delle Crociate. Anche la mitologia, rivissuta con un senso romantico di nostalgia per un’età in cui l’uomo era felice insieme agli dei, diventava il tema di questi scenografici scenari naturali, come quello dipinto da un altro pittore di successo, il conte francese Turpin de Crissé.

Rispetto ad un tipo di paesaggio dove dominavano elementi descrittivi e suggestioni sentimentali, come nella produzione dei poeti contemporanei tra cui il giovane Aleardo Aleardi, si andrà affermando, varcata la metà del secolo, una diversa rappresentazione della realtà. I protagonisti di questa svolta sono stati due pittori eccentrici e irrequieti, come il lombardo Piccio e il veneto Caffi, un grande viaggiatore. Hanno perseguito un tipo di visione dove a dominare sono, rispetto al soggetto, gli effetti della luce e i valori atmosferici, intesi con una intensità sperimentale così sconcertante che sembra addirittura anticipare l’Impressionismo.

VII. LA VEDUTA. TRA IMMAGINI URBANE E ARCHITETTURE

Pittori, alcuni di loro accomunati da una comune formazione presso la Scuola di Prospettiva dell’Accademia di Brera e da una prima esperienza nel campo della pittura scenografica destinata ai teatri, hanno reinventato la veduta per valorizzare i monumenti, antichi e moderni, del nostro Paese e per rappresentare la vita quotidiana che animava le città. Per questo particolare genere venne coniata la denominazione di “pittura urbana”, una pittura che, nella sua dimensione civile, rispondeva all’interesse per la società così tipico del Romanticismo italiano, soprattutto a Milano. Anche se le rovine classiche, tra quelle dell’antica Roma e le riscoperte vestigia della Sicilia greca, continuarono a esercitare un enorme fascino, ma sempre più intriso di sentimenti nostalgici e di malinconia, la vera novità portata dalla sensibilità romantica è la riscoperta e la rinascita dell’architettura gotica. Giovanni Migliara ha rappresentato, documentandosi dal vero, edifici antichi e moderni, come l’abbazia di Altacomba, fatta rinascere da re Carlo Felice come sacrario e mausoleo della monarchia sabauda. Ma il monumento gotico più amato e rappresentato è stato il duomo di Milano. Angelo Inganni, in vedute dal taglio molto originale, ha saputo più di tutti rendere la sua magia e le attività si svolgevano nella grande piazza, la cui configurazione era molto diversa da quella attuale.

VIII. LUCI MEDITERRANEE. LA SCUOLA DI POSILLIPO

In questa sezione, particolarmente ricca di opere, compaiono – molti per la prima volta- una serie di capolavori di artisti napoletani e stranieri, introdotti da uno splendido paesaggio del mitico lago d’Averno di Turner, che dimostrano la vitalità della cosiddetta Scuola di Posillipo, da quell’incantevole località dove si ritrovarono a sperimentare e a confrontarsi su un nuovo modo di rappresentare la natura. Si può affermare che per quanto riguarda la pittura di paesaggio la produzione dei napoletani e degli stranieri
- delle più diverse nazionalità naturalizzati all’ombra del Vesuvio - che hanno partecipato di questa esaltante esperienza, abbia costituito uno dei momenti più significativi del Romanticismo non solo italiano. I loro dipinti, richiesti dalla corte e ambiti dai collezionisti di tutto il mondo, hanno immortalato per sempre la bellezza di Napoli, Amalfi, Sorrento e di tutte quelle località predilette dai viaggiatori stranieri che, dopo l’interruzione dovuta alle guerre napoleoniche, hanno ripreso le rotte del Grand Tour. Le vedute di Pitloo, Gigante, Duclère, Smargiassi, Fergola, Catel, Vervloet, Šcˇ edrin dimostrano, pur in un’atmosfera comune, una diversità di approccio e di soluzioni formali che testimoniano la libertà e l’individualismo romantici.

IX. IMPRESSIONI DI ACQUA E DI LUCE TRA I NAVIGLI E LA SENNA

Consacrati da un pubblico e da una critica entusiasti come gli eredi dei vedutisti veneziani, in particolare di Canaletto, i grandi interpreti della veduta moderna quali Giuseppe Bisi, Giuseppe Canella, Angelo Inganni e Ippolito Caffi hanno saputo descrivere, attraverso i loro originalissimi dipinti, la particolare atmosfera di tre città, Milano, Venezia e Parigi, dove le acque – quelle dei Navigli, dei canali e della Senna – erano la componente più affascinante e caratteristica dello scenario urbano.

In queste immagini dalla sapiente inquadratura panoramica, dove la rappresentazione della vita contemporanea assumeva un valore particolare, l’atmosfera era creata dal nitore della visione e dalla straordinaria resa degli effetti di luce. Una luce che rivela in maniera diversa la trasparenza dei cieli che si riflettono sull’acqua, le architetture e l’animazione delle strade percorse da gente di ogni ceto.

Questi dipinti ci restituiscono il fascino perduto della Milano popolare dei Navigli e l’incanto di Parigi, la metropoli vivacissima che sembra crescere e respirare attorno al grande fiume. Mentre le opere di Caffi riescono a trasmetterci la magia e il mistero senza tempo di Venezia, catturati in momenti di particolari condizioni atmosferiche, addirittura al buio improvviso e pauroso di un’eclissi di sole.

X. ALESSANDRO MANZONI. I PROMESSI SPOSI

Nonostante lo straordinario successo anche internazionale goduto dai Promessi sposi sin dalla prima edizione, Manzoni mantenne un temperamento molto schivo, assolutamente contrario a farsi ritrarre. Fece solo due eccezioni a questa regola: quando accettò nel 1835, se pur controvoglia, di posare per il genero Massimo d’Azeglio e il suo amico Giuseppe Molteni, e quando dedicò nel 1841, questa volta di buon grado, ben quindici sedute ad Hayez per il popolarissimo dipinto di cui verrà realizzata anche una seconda versione.

Questi famosi ritratti, messi a confronto, rivelano due Manzoni molto diversi. Il primo, con la figura in piedi dipinta da Molteni sullo sfondo di un paesaggio – “quel ramo del lago di Como” – realizzato da d’Azeglio, lo rappresenta con un’aria ispirata, con un libro in mano. Il secondo privilegia sulla esaltazione del grande scrittore la resa del carattere, dell’animo dell’uomo, raffigurandolo placidamente seduto con l’inseparabile tabacchiera in mano.

I due ritratti sono accompagnati da una serie di dipinti, sempre di Molteni e di Hayez, ma anche di altri autori come Eliseo Sala e Andrea Gastaldi, che documentano la popolarità goduta dai Promessi sposi attraverso i personaggi più amati e quindi rappresentati da pittori e illustratori come Lucia, la Monaca di Monza e l’Innominato, la figura che sembra più rispecchiare l’animo del suo creatore.

XI. IL RITRATTO SPECCHIO DELL’ANIMO

Come la pittura di paesaggio, l’altro genere tradizionalmente considerato minore nella gerarchia accademica, il ritratto, ha conosciuto in età romantica un grande incremento e una profonda trasformazione. Vi si sono cimentati, a partire da Hayez, che è stato uno dei maggiori ritrattisti di tutti i tempi, i principali protagonisti del nostro Romanticismo, come Molteni, che ha ottenuto uno straordinario successo anche mondano, il Piccio, che ha raggiunto dei risultati davvero originali, ma anche pittori che, come il paesaggista Basiletti, hanno solitamente praticato altri generi.

Ciò che ha accomunato artisti molto diversi, è stata la volontà di reinventare il ritratto che non è più, come nel passato, simbolo del censo e della posizione sociale di una famiglia, ma il rispecchiamento dei valori e della storia dell’individuo. Più della rassomiglianza conta la capacità di rendere l’anima, il carattere e le inclinazioni dell’effigiato, spesso rappresentato nell’ambiente dove si svolge la sua vita quotidiana, attorniato dagli oggetti che gli erano più cari.
I bambini, veri protagonisti della pittura romantica, ci guardano ancora da questi dipinti, soprattutto dagli straordinari ritratti di famiglia dove volti, abiti, oggetti, ambienti, pose e gesti, sguardi e emozioni raccontano l’evoluzione della società italiana in questi anni fondamentali per la nostra storia.

XII. IL NUDO. L’ANIMA E LA CARNE

Diversamente dal Neoclassicismo, la grande novità romantica nella rappresentazione del nudo è la predilezione rispetto al corpo maschile per quello femminile. Alla dimensione eroica del nudo virile si contrappone la sensualità e il mistero della donna, le cui forme appaiono sempre studiate sul vero della modella, sia in pittura che in scultura, anche se poi la nudità viene sublimata identificandola in quella di creature bibliche o letterarie, quali Eva o le eroine del Tasso, come Armida e Silvia.

Nel suo capolavoro giovanile Rinaldo e Armida, Hayez sembra anticipare questa tendenza che lo vedrà produrre, negli anni della piena affermazione romantica, i suoi dipinti più belli e scandalosi. Una languida sensualità sembra caratterizzare la grande scena ispirata sempre al Tasso dipinta dal Piccio. Più castigata appare invece la nudità evocata nei quadri di Natale Schiavoni, un altro veneziano affermatosi a Milano perché considerato il nuovo “pittore delle grazie”, erede dell’indimenticato Andrea Appiani. Emblematica è la figura di Eva, il cui nudo è molto rappresentato sia dai pittori che dagli scultori, messi a confronto. Alla castità della splendida Ninfa di Bartolini si contrappone il provocatorio erotismo di una delle opere più emblematiche del nostro Romanticismo, L’orgia del giovane Torquato della Torre, inviata a Parigi per l’Esposizione Universale del 1855.

XIII. PITTURA SACRA. UNA SPIRITUALITÀ INTERIORE

Popolari temi biblici, come il Diluvio, la morte di Abele e l’abbandono di Ismaele, hanno offerto a pittori e scultori l’opportunità di una diversa rappresentazione della nudità, identificata nella tensione, anche spirituale, dei corpi adolescenti.

Manzoni e il suo grande amico, il filosofo Antonio Rosmini, sono stati i maggiori testimoni, con gli scritti e le loro iniziative, di un profondo mutamento del sentimento religioso e di un vivace dibattito sia sui valori della fede, sia sul ruolo della chiesa militante nella società.

Come la letteratura anche l’arte riflette questo rinnovamento spirituale: lo testimoniano le imprese decorative e i molti dipinti realizzati per le chiese in tutto il territorio della Lombardia, soprattutto nelle campagne. Per dimostrare l’originalità di questa pittura sacra, cui hanno contribuito anche artisti di grande livello, sono poste a confronto quattro pale eseguite da pittori molto diversi per estro e sensibilità sullo stesso tema, quello dell’Educazione della Vergine. Tale soggetto risulta infatti il più trattato allora, in quanto rappresentava la missione pedagogica come uno degli obbiettivi principali, certamente quello più sentito anche a livello familiare, della missione di una Chiesa progressista, vicina al popolo.

XIV. IL RISCATTO DEI MISERABILI

Come nella grande narrativa europea, tra Manzoni e Victor Hugo, anche in pittura l’interesse degli artisti per la vita quotidiana si contrappone a quello per la storia. Le aspirazioni, le sofferenze degli strati più bassi della società creano una nuova epopea dove i miserabili, gli emarginati trovano un loro riscatto. Questi eroi sono soprattutto, come nei romanzi di Dickens, i bambini, i ragazzi costretti a lavori e a imprese più grandi di loro. Il maggiore interprete del loro coraggio e della sfida a un mondo ingrato è il pittore milanese, di umilissime origini, Giuseppe Molteni. Restano indimenticabili le sue immagini, richieste dai collezionisti in tutta Europa, dei piccoli spazzacamini, identificati ogni volta in atteggiamenti diversi, o del venditore di latte, resi con uno stile e una capacità introspettiva straordinari. Molteni, che regge il confronto con altri protagonisti europei
di questa rinnovate scene di genere, come l’austriaco Waldmüller e lo svizzero Leopold Robert, ha trovato un degno continuatore nel più giovane Domenico Induno, interprete di una seconda rivoluzione romantica. Le sue scene di vita quotidiana, appassionanti come un romanzo, restituiscono, grazie ad una maggiore attenzione realistica, la forza dei sentimenti. Quelle gioie e dolori di tutti i giorni, quel coraggio di vivere che rappresentano il vero riscatto dei diseredati.

XV. LA FORZA DEL DESTINO. LA PITTURA STORICA

Nonostante la fortuna del paesaggio e del ritratto, la grande pittura storica continua a essere considerata il genere più nobile e l’obbiettivo privilegiato da un pittore che ricerchi la fama. La sua missione educativa nel far conoscere e rivivere, non più la mitologia e l’antichità, ma le vicende dell’Italia moderna, le ha dato un significato politico, facendone una delle espressioni culturali del Risorgimento.

Indiscusso protagonista è stato Hayez, che con i suoi dipinti, presentati alle esposizioni di Brera, ha diviso la critica e appassionato il pubblico. Nei suoi eroi moderni, come Romeo e Giulietta, o l’infelice Caterina Cornaro, si è identificata la gioventù destinata a realizzare l’unità d’Italia.

Il Romanticismo storico avrà altri protagonisti in artisti più giovani che seguiranno Hayez o che lo abbandoneranno attratti dal genio irregolare del russo Karl Brjullov, morto precocemente a Roma, di cui viene presentato un dipinto, impressionante per la sua forza visiva, esposto a Milano nel 1834. I capolavori di Pasquale Massacra, Ludovico Lipparini, Cesare Mussini e Sebastiano De Albertis rivelano una novità sperimentale dove diversi linguaggi sono messi a confronto su un tema, di particolare attualità sia che appartenga al passato che al presente, quello della morte dell’eroe: Francesco Ferruccio finito da Maramaldo e Marco Botsaris, immolatosi come Byron per la libertà della Grecia.

XVI. LA SVOLTA ROMANTICA IN SCULTURA

Da una parte una serie di nudi femminili e dall’altra maschili rappresentano l’affermazione di una nuova sensibilità, rispetto al bello ideale canoviano, a partire dalle due versioni della Psiche di Pietro Tenerani, un’opera ammirata e amata da Leopardi, dove il motivo dell’abbandono assumeva una valenza emotiva ormai romantica.

Da questa straordinaria invenzione e dall’omaggio alla Maddalena di Canova deriva quella che si può considerare una delle opere più significative del secolo, La fiducia in Dio commissionata, per ricordare il marito defunto, da Rosina Poldi Pezzoli. Il suo nudo castissimo, la cui particolarissima posa venne ispirata dall’atteggiamento di riposo assunto dalla modella, fa di questa stupefacente statua un’allegoria moderna, ispirata dal pensiero di Dante. Mentre i tre corpi adolescenti modellati sempre da Bartolini, Giovanni Dupré e Antonio Piatti rivelano, sotto il pretesto mitologico e allegorico, una nuova attenzione al reale.

La definitiva affermazione del Romanticismo in scultura viene segnata da due sensazionali opere manifesto che precedono e testimoniano la fatidica svolta storica del 1848, due capolavori divenuti subito popolari come simbolo delle aspirazioni risorgimentali. Figure del genere eroico, in dimensioni monumentali, il Masaniello di Alessandro Puttinati e lo Spartaco di Vincenzo Vela rappresentano i controversi protagonisti di due rivolte di popolo dove era in gioco la libertà. La straordinaria carica emotiva delle due figure dipende anche dalla novità della posa, del movimento e da una tensione formale il cui riferimento non è più l’antico, ma uno scultore allora considerato eretico come Bernini.

MUSEO POLDI PEZZOLI

I. VITA E CELEBRAZIONE DEGLI UOMINI ILLUSTRI

La dimensione civile e didattica della pittura di storia si è soprattutto manifestata in quei dipinti che rappresentando la vita dei grandi uomini del passato, dai letterati come Francesco Petrarca o l’infelice Torquato Tasso agli artisti più amati come Leonardo o Raffaello, ricordava e faceva riflettere sull’antica grandezza in un momento in cui l’Italia sembrava aver perso o comunque messo in discussione l’antico primato. Vicende esemplari venivano rappresentate in opere di grandi dimensioni il cui requisito principale doveva essere la fedeltà della ricostruzione di ambienti e costumi. Ma era poi necessario quel coinvolgimento sentimentale che rendeva attuali vicende tanto lontane nel tempo, soprattutto quelle dell’infelice Tasso diventato simbolo del tormento e della crisi dell’uomo moderno. Uno strano quadro allegorico come Il trionfo della Libertà di Luigi Mussini è una sorta di manifesto, che riunisce i protagonisti della storia dell’umanità, del culto romantico dei grandi ideali che avevano segnato il cammino verso il progresso. Infine la celebrazione di un esploratore contemporaneo, come Costantino Beltrami avventuroso scopritore delle sorgenti del Missisipi, rivendicava la presenza della genialità italiana anche nel Nuovo Mondo.

II. L’IMMAGINE DELL’ARTISTA. RITRATTI E AUTORITRATTI

La struggente immagine di Tommaso Minardi, un artista solo in parte inseribile nel Romanticismo, che si è rappresentato nella solitudine della sua soffitta agli inizi tormentati della sua carriera, introduce un breve percorso nell’iconografia dell’artista romantico, con Hayez che propone un’immagine spiazzante di sé, al di là di ogni ufficialità, riatraendosi con berretto ed occhiali in un gruppo di amici o davanti a una gabbia con due belve. Mentre Migliara e una delle non poche donne pittrici, Amanzia Guérillot moglie di Inganni, sono sorpresi nel loro studio davanti al cavalletto. Ci colpisce e sorprende la carica ironica con cui Guardabassi si è autoritratto insieme ad un pappagallo, irriverente simbolo della pittura che cerca di imitare la realtà, e Guardassoni davanti ad una macchina fotografica destinata a diventare sia rivale che alleata degli artisti.

III. DANTE E I PERSONAGGI DELLA COMMEDIA

La presenza in questo museo del celebre Gabinetto Dantesco, che realizzato da Giuseppe Bertini rappresenta una delle più originali creazioni dell’arte romantica in un dialogo straordinario tra pittura e decorazione, ha suggerito di inserire questa sezione dedicata al culto di Dante. La sua rivalutazione è avvenuta proprio nell’Ottocento e si è manifestata in tutta Europa, attraverso dipinti che ne hanno rappresentato sia le esemplari vicende biografiche, sia gli episodi e i personaggi più coinvolgenti della Divina Commedia. Tra questi Paolo e Francesca, il conte Ugolino, Pia de’Tolomei sono quelli che hanno più colpito l’immaginario collettivo e la fantasia degli artisti, anche perché consentivano uno stimolante confronto con situazioni, registri e sentimenti molto diversi. Quella di Dante, celebrato anche in chiave risorgimentale come padre della lingua italiana, è diventata una grandiosa mitologia, la più significativa dell’Italia moderna.

La figura del grande esule e le sue potenti creature, rese certamente popolari dalla pittura romantica, sono entrate da allora a far parte del nostro patrimonio culturale e della nostra identità.

IV. 1848. LA RIVOLUZIONE

Le vicende del 1848-1849 che, insieme al resto d’Europa, hanno scosso profondamente anche l’Italia, in particolare la Milano delle Cinque Giornate, Venezia che fa rivivere la Repubblica di San Marco resistendo eroicamente agli Austriaci, e la Roma della gloriosa Repubblica di Mazzini e Garibaldi, hanno rappresentato l’epilogo politico del Romanticismo, la straordinaria congiuntura storica in cui sono sembrati realizzarsi gli ideali di libertà in cui avevano creduto le ultime generazioni. La tensione di queste due anni ha avuto
pochi, ma davvero significativi, riflessi nelle opere estemporanee, e per questo tanto più emozionanti, realizzate dagli artisti che hanno preso parte a queste vicende, sia pittori di figura che di paesaggio, ma anche scultori. Restano indimenticabili le immagini, quasi in presa diretta, con cui affi e Querena hanno rappresentato Venezia sotto i bombardamenti nemici. Ma forse le testimonianze più toccanti e che rendono di più l’eccezionalità di questi momenti ci vengono da due bambini, inconsapevoli eroi e insieme testimoni dell’orrore della guerra, come la piccola Nella fermata in uno straziante capolavoro nell’atrocità della sua morte assurda dal pennello commosso del giovane Gerolamo Induno e il coraggioso Righetto, emulo del leggendario Balilla, immortalato nel marmo da Strazza.

V. GIOVANNI BATTISTA GIGOLA E LA RISCOPERTA DELLA MINIATURA ANTICA

Questa sala è stata individuata come l’ambiente ideale per rendere omaggio ad un artista unico che è stato il precursore del Romanticismo, non tanto in pittura, quanto in una tecnica più desueta e quasi misteriosa come la miniatura su avorio e pergamena. Testimone delle stagioni rivoluzionaria e napoleonica, ha realizzato con uno stile personalissimo una serie di ritratti che hanno un’aria spiritata e ci trasportano in atmosfere sognanti. Ma ha soprattutto dato corpo nei suoi strepitosi avori di grandi dimensioni e nelle pagine miniate, impreziosite dai colori smaltati e dall’oro, alle prime fantasie romantiche, rappresentando le esequie di Beatrice d’Este, pianta da Lodovico il Moro e da Leonardo, ma soprattutto la grande mitologia moderna di Giulietta e Romeo, di cui vengono messi a confronto i diversi esemplari, e un testo di culto di quegli anni, il poemetto The Corsair (Il Corsaro destinato poi a diventare uno dei più popolari balletti romantici) di Byron che il giorno della sua uscita aveva venduto ben diecimila copie. Gigola ha avuto nel nonno materno di Gian Giacomo Poldi Pezzoli il marchese Gian Giacomo Trivulzio, straordinaria figura di studioso e collezionista, il suo grande interlocutore e mecenate.

Ultima modificaDomenica, 30 Dicembre 2018 00:19
  • Data inizio: Venerdì, 26 Ottobre 2018
  • Data fine: Domenica, 17 Marzo 2019
  • Evento a pagamento:
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