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ESCHER. La Calabria, il Mito

Arriva per la prima volta a Catanzaro e a grande richiesta la mostra-record dedicata a uno degli artisti più amati del ‘900. Al Complesso Monumentale del San Giovanni apre il 20 novembre la mostra ESCHER. La Calabria, il Mito: un’occasione unica per conoscere l’arte del genio olandese e l’influenza che l’architettura e i paesaggi calabresi ebbero sulla sua parabola artistica.

Attraverso un percorso di 86 opere - alcune delle quali mai esposte in Italia come Fuochi d'artificio (1933), Sogno (1935) e Senglea (1935) - la mostra non solo è specchio della vita e dei viaggi che Escher fece nel nostro Paese, ma anche del riverbero che il suo lavoro e le sue creazioni ebbero e continuano ad avere sulle generazioni successive.

Nel Sud Italia Escher maturò buona parte di quelle idee e suggestioni che caratterizzano, nel segno della sintesi tra scienza e arte, la sua matura produzione e gli studi sulle forme che lo hanno reso unico nel suo genere.
Durante la sua permanenza in Italia dal 1922 al 1936, Escher visita diversi luoghi della nostra penisola. Tra questi proprio molti borghi della Calabria che egli percorse a partire dal 28 aprile del 1930. Le terre mediterranee, così profondamente diverse da quella natia, esercitano su di lui una profonda attenzione: lo colpiscono il sole e la luce del Sud, le architetture geometriche dei paesaggi, le costruzioni verticali sulle rocce, gli strapiombi sul mare, la stratificazione di culture antiche.

“La Città di Catanzaro – commentano il sindaco Sergio Abramo e l’Assessore alla Cultura Ivan Cardamone - è orgogliosa di poter ospitare questa grande mostra che accenderà per due mesi i riflettori sul Capoluogo di regione riconosciuto quale punto di riferimento del panorama culturale in Calabria e al Sud. L’obiettivo che ha animato questa iniziativa, che ha visto mettere in moto una complessa macchina organizzativa con la sinergia di diversi soggetti pubblici e privati, è stato quello di proiettare il Capoluogo al centro dei più ampi circuiti culturali nazionali contribuendo a far parlare di Catanzaro in termini positivi. Un grande evento, dedicato ad un artista apprezzato in tutto il mondo, che siamo convinti potrà generare una forte ricaduta in termini di immagine, di indotto economico, di crescita e sviluppo culturale per il nostro territorio”.

Tra le opere più importanti in mostra e testimonianza del suo viaggio calabrese Morano, Pentedattilo e Rocca Imperiale (tutte del 1930) e le vedute di Scilla, Tropea, Santa Severina e Rossano del 1931: luoghi e ricordi di Escher che in mostra si potranno anche sfogliare attraverso un touch screen col diario del suo viaggio nel sud Italia.
Il ricordo della Calabria, come del resto di tutta la nostra penisola, rimarrà indelebile nella sua mente e nelle sue opere future tanto che in Dream del 1935 è ripresa la mantide religiosa che aveva disegnato a Pentadattilo cinque anni prima.
La mostra, è prodotta e organizzata da Comune di Catanzaro e Assessorato alla Cultura della Città di Catanzaro con il Gruppo Arthemisia, vede il contributo della Regione Calabria, è in collaborazione con la M.C. Escher Foundation ed è curata da Federico Giudiceandrea e Domenico Piraina.

L’evento vede come sponsor Cotto Cusimano, Gioielleria Megna e come partner Camera di Commercio di Catanzaro, l’Università Magna Graecia e l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro.

LA MOSTRA

Prima sezione – OPERA GIOVANILE

Alcuni dei primi lavori di M.C. Escher prendono ispirazione dall’Art Nouveau, un celebre movimento artistico sviluppatosi in Europa alla fine del XIX secolo e caratterizzato da linee curve e forme decorative ispirate a soggetti naturali. Samuel Jessurun de Mesquita – esponente di questa corrente, che insegnava in Olanda nella Scuola di architettura e arti decorative frequentata da Escher – ha influenzato considerevolmente i suoi primi lavori.
L’artista ha sempre nutrito un profondo interesse per la natura e ha eseguito numerose stampe con raffigurazioni realistiche di fiori e insetti. Il lavoro di Escher nasce da una meticolosa osservazione della natura e dalla passione per la regolarità geometrica che l’artista ammirava nel mondo intorno a lui.
Questa sezione analizza come la natura abbia profondamente influenzato e ispirato le sue opere.

Seconda sezione – SOGGIORNO ITALIANO

Il luogo in questione è l’Italia: lo dimostra il fatto che questa citazione è tratta da una lettera scritta a Siena nel dicembre del 1922, contenente riflessioni che possono tranquillamente essere estese ai quattordici anni felici che Escher trascorse nel Belpaese. L’artista olandese visitò diverse volte l’Italia tra il 1921 e il 1923, quando si stabilì definitivamente a Roma.
Questo soggiorno aiutò Escher ad ampliare i suoi orizzonti artistici, portandolo a collaborare con Joseph Haas Triverio – incisore svizzero e compagno di viaggio dell’artista – che lo introdusse nell‘ambiente degli artisti romani. L’obiettivo di Escher era quello di trarre ispirazione dalla natura e da tutti quei soggetti su cui i suoi colleghi non erano soliti soffermarsi. In una lettera spedita da Ravello scrisse: “...Voglio trovare la felicità nelle cose più piccole, come una pianta di muschio di due centimetri che cresce su una roccia e voglio provare a lavorare a quello che desidero fare da tanto tempo: copiare questi soggetti minuscoli nel modo più minuzioso possibile...” In Italia, lo studio dei paesaggi e della natura rigogliosa porta Escher a concentrarsi sulle strutture geometriche alla base di panorami ed elementi della natura. Nel 1935 l’artista si trasferisce in Svizzera per allontanarsi dal fanatismo del regime fascista, da lui considerato inutile e pericoloso.

Terza sezione – CALABRIA

Escher visita la Calabria nel maggio del 1930 insieme a tre amici: Josef Haas-Triverio, artista grafico di origini svizzere, il pittore Robert Schiess e lo storico francese Jean Rousset.
Da Roma arriva a Pizzo Calabro in treno. Ha con sè 1325.70 Lire. Da qui intraprende un viaggio lungo le coste calabre toccando Tropea, Palmi, Bagnara, Scilla, Reggio, Melito, Pentedattilo, Bova Marina, Palizzi, Gerace, Stilo, Monasterace, Catanzaro, Gimigliano, Crotone, Santa Severina, Cariati, Rossano, Morano, Castrovillari, Trebisacce, Rocca Imperiale.
Nel suo diario annota la distanza percorsa: ferrovia 1709 km, autotrasporto 203 km, carrozza 10 km, a piedi +/-100 km. Escher durante il viaggio eseguì innumerevoli schizzi. Da questi al suo ritorno a Roma ne trarrà 13 stampe raggruppate in una suite che chiamerà Calabrie: 6 xilografie e 7 litografie.

Quarta sezione – TASSELLATURE

Nel 1936 il secondo viaggio di Escher nel Sud della Spagna segna un giro di boa cruciale nel suo sviluppo artistico.
In quell’occasione ha modo di visitare i celebri monumenti come l’Alhambra di Granada e la Mezquita di Cordoba, da cui trae ispirazione per uno studio metodico dei motivi utilizzati dagli artigiani del XIV secolo per decorare muri e archi delle architetture moresche.
In seguito si appassiona alla tassellatura: decorazioni geometriche in cui triangoli, stelle o quadrati si ripetono, come piastrelle, per coprire un piano senza lasciare spazi vuoti. Egli lavorò minuziosamente a
137 acquerelli, raccolti in un libro di esercizi, che riproducono diversi motivi di tassellatura e che rappresentavano i 17 modi di riempire una superficie piana attraverso tasselli regolari, oltre a uno studio sulle varie possibilità di colorazione.
Questa sezione mostra come Escher sostituì le forme geometriche con animali e figure umane: caratteristica che divenne distintiva della sua arte, in cui fantasia, geometria e soggetti figurativi sono sapientemente combinati.

Quinta sezione - OPERE DOPO IL 1935

Escher nel 1935 lascia a malincuore l’Italia a causa dell’inasprimento del regime fascista nei confronti degli stranieri. Si stabilisce in un primo momento a Château Oex in Svizzera poi a Uccle in Belgio. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si trasferisce definitivamente a Baarn in Olanda.
I piatti paesaggi olandesi non lo ispirano. Per questo nelle sue opere successive rivolge il suo interesse verso visioni interiori, esplorando i paradossi percettivi generati dalla rappresentazione del mondo tridimensionale sul foglio bidimensionale. Scoperto dai matematici durante il congresso internazionale di matematica del 1954 ad Amsterdam, intraprende con questi una proficua collaborazione. In particolare collabora con Roger Penrose, matematico di Oxford, che gli fa conoscere le strutture impossibili come la scala impossibile sulla quale si sale o scende sempre pur tornado al punto di partenza. Escher è in contatto assiduamente anche con Harold Scott Coxeter, un matematico canadese che gli illustra il piano di Poincaré che egli userà per le tassellature infinite all’interno di spazi finiti.

Sesta sezione – ESCHERMANIA

Oggi è possibile trovare riferimenti ai lavori di Escher negli ambiti più disparati: da quello artistico alla cultura popolare.
Diversi pittori contemporanei e artisti digitali sono stati influenzati dal lavoro che il grafico olandese ha svolto nel campo della tassellatura, interpretandolo secondo il proprio stile.
Il processo creativo di Escher ha avuto un ascendente importante su molti musicisti e cantanti degli anni Sessanta: tra questi i Pink Floyd, celebre gruppo rock britannico che ha ripreso il concetto di immagine nell’immagine sulla copertina di un album del 1969.
Le geometrie dell’artista olandese hanno inoltre ispirato diversi personaggi dei fumetti e dei cartoni animati. Il mondo della pubblicità ha trovato terreno fertile nell’arte estrosa di Escher e case di moda e stilisti di fama internazionale, come Chanel o Alexander McQueen, hanno reso omaggio al suo universo immaginifico sulle loro passerelle.
Le opere esposte in quest’ultima sezione spaziano dai fumetti alle pubblicità, dalla musica alla moda, ai film e alle opere d’arte contemporanea, tutti settori influenzati dalla sua arte. Questi lavori dimostrano come la “Eschermania” abbia contagiato tutti i settori creativi e come l’opera di questo artista sia ancora fonte di ispirazione per la cultura contemporanea.

E proprio in occasione di questa tappa calabrese, assoluta novità dal punto di vista espositivo è rappresentata dall’inserimento di una speciale sezione dedicata a opere contemporanee di artisti calabresi nelle quali è possibile cogliere, in maniera più o meno immediata, riferimenti alla poetica escheriana. Con La Calabria rende omaggio ad Escher artisti come Francesco Barillaro, Francesco Guerrieri, Sebastiano Dammone Sessa, Giuseppe Negro, Giulio Iacchetti, Angelo Savelli, Maria Graziella Cantafio e Antonio Marasco si inseriscono a pieno titolo nel movimento dell’Eschermania facendo rivivere la tecnica e l’idea compositiva di Escher nelle loro opere.
Appositamente e sapientemente selezionati, i lavori di questi artisti - che vanno dalle sculture, alle ceramiche e ai dipinti - rendono quindi omaggio a Escher proprio in quella terra che il grande artista ha tanto amato.

Testo in catalogo a cura di Domenico Piraina

Curatore della mostra

Le mostre di grafica – anche quelle più straordinarie - in Italia non hanno mai riscosso un significativo successo di pubblico. Tutte, tranne quelle che sono state dedicate a un artista olandese, che nessun manuale liceale di storia dell’arte tratta, se non – nel migliore dei casi – in qualche nota a piè di pagina. Eppure da qualche anno, Maurits Cornelis Escher, è diventato un artista di culto e sulle ragioni del suo, seppure tardivo, successo popolare occorrerebbe riflettere molto.
In vita, Escher non ebbe certo il riconoscimento quasi planetario che oggi gli viene tributato; fatto, questo, piuttosto frequente nella storia dell’arte, piena di artisti di cui i contemporanei non hanno saputo coglierne la grandezza (uno su tutti, Van Gogh, un altro figlio dei Paesi Bassi, ma gli esempi potrebbero essere moltissimi).

La sua stessa personalità probabilmente non era propriamente incline al marketing, alle relazioni, alla pubblicità e alla mondanità. Giustamente famoso e quasi “mitico” fu il suo rifiuto a concedere, nel 1969, a Mike Jagger, che si era rivolto ad Escher con un tono eccessivamente confidenziale, l’autorizzazione ad utilizzare alcune sue opere per la copertina dell’album Through the Past, Darkly dei Rolling Stones. Un rifiuto oggi quasi inconcepibile ma che descrive bene la tempra, anche morale, dell’uomo. Un uomo asciutto, profondo che sembrava seguire le immortali parole di Costantinos Kavafis (che ottenne anche lui postuma la fama che meritava) “non sciuparla (la vita) nel troppo commercio con la gente, con troppe parole in un via vai frenetico. Non sciuparla portandola in giro in balia del quotidiano gioco balordo degli incontri e degli inviti, fino a farne una stucchevole estranea”.

E la sua, di vita, Escher non l’ha certo sciupata, avendola tutta spesa nell’ardente desiderio della conoscenza: un desiderio immenso, un fuoco inesauribile teso alla ricerca del visibile e dell’invisibile, supportato da una vivida immaginazione, da una lenticolare capacità di osservazione e da una tecnica semplicemente sopraffina.
Queste caratteristiche si trovano soltanto nei grandi artisti: in Leonardo per massimo esempio che aveva compreso come l’arte fosse innanzitutto “cosa mentale” perché l’immagine mentale viene prima dell’immagine visiva.
Nel tempo che intercorre tra l’ideazione e la realizzazione si perde sempre qualcosa, per cui la realizzazione non è mai all’altezza dell’idea. L’artista non può eludere il problema della materia, egli sa già che la sua opera sarà sempre inferiore alla concezione; da qui nasce una lotta che l’artista intraprende con la materia ed egli si sforzerà per tutta la vita di avvicinarsi alla perfezione e non avrà tempo per un’altra occupazione. Questa condizione a Escher appariva in tutta la sua drammatica evidenza ed è questa la ragione, credo, della sua quasi religiosa dedizione al lavoro.

Tentare di capire cosa c’è dietro o sotto la realtà , tentare di capire i “primari” costitutivi del nostro mondo, tentare di capire le strutture fondamentali del mondo che ci circonda, senza ricorrere alla magia o all’alchimia ma cercare di interpretare il galileiano “gran libro della natura” che è “scritto in lingua matematica e i cui caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche”, richiede doti non comuni di concentrazione che per esaltarsi invoca la solitudine che non significa mancanza dell’altro ma il trovare se stessi, l’essere a tu per tu con il tuo bene più grande: la tua libertà. E come Leonardo aveva
eletto il disegno come il suo principale strumento di indagine e di riflessione sul mondo, un vero e proprio mezzo di conoscenza scientifica, Escher sceglie le tecniche grafiche.

Un altro artista mi appare affine, sia per l’approccio al lavoro sia per le direzioni di ricerca, a Escher: è il maestro dei pittori moderni, Paul Cezanne, secondo il quale la natura era modellata secondo tre moduli fondamentali: il cono, il cilindro e la sfera.
Anche Cezanne come Escher voleva catturare la vera essenza delle cose che si nascondeva dietro il “velo di Maya” dell’apparente realtà attraverso una sua personale percezione. E forse siamo arrivati a spiegare una delle ragioni fondamentali per cui Escher è così amato: la sua arte è un invito alla libertà, a non conformarsi alla percezione comune del mondo ma a costruire il proprio mondo o, almeno, a guardarlo da una propria, peculiare ed originale prospettiva.

George Orwell diceva che “la realtà esiste nella mente umana e non altrove” e la massima orwelliana può essere integrata dall’osservazione di Albert Einstein per il quale “la realtà è una semplice illusione, sebbene molto persistente”.
Non ci riflettiamo molto su questo punto ma non si può non convenire che noi non siamo solo gli osservatori del mondo ma anche i suoi creatori perché quello che vediamo è solo in minima parte merito dei nostri occhi (organi che ci permettono una visione piuttosto limitata se confrontata alla potenza visiva di altri animali): la “pars maior” della visione la dobbiamo al nostro cervello. Escher fa proprio questo: vede il mondo con gli occhi della mente e con quegli occhi crea mondi. Noi tutti viviamo, per riprendere una famosa immagine di Platone, in una caverna imprigionati nella nostra ignoranza e nei nostri pregiudizi. I nostri sensi sono deboli e ci confondono perché le ombre che vediamo sono appunto simulacri di verità e non verità. Ma siamo comunque sempre in cerca di essa e quindi la nostra vita è costitutivamente votata ad una esplorazione continua ed incessante per scoprire quale possa essere l’ordine nascosto del mondo. Già Democrito affermava che “ogni terra è aperta al sapiente, perché la patria di un’anima virtuosa è l’intero Universo”.

Sotto questo profilo, che potremmo definire metartistico, la figura di Escher si staglia come esempio di probità perché il suo messaggio profondo è quello di credere, fino a sfidarle, alle proprie facoltà immaginative e razionali, di esercitarle e di svilupparle al fine di sentirsi protagonisti sul palcoscenico del mondo perché si è riusciti a comprendere qualcosa che prima ci sfuggiva. E la sua poetica è altamente etica perché proiettata alla ricerca della verità.
Questa invocazione della fantasia e dell’intelligenza, di stampo tipicamente leonardesco, è, forse, l’altra ragione per la quale è così tanto amato. Ogni sua opera ci coinvolge perché abbiamo sempre la sensazione che qualcosa ci sfugge; e così ci poniamo delle domande cui cerchiamo, ciascuno con il proprio grado di conoscenza, di rispondere. Sembra che molte delle sue opere abbiano tanti significati e magari ne hanno invece uno molto semplice. Ed anche se lo abbiamo compreso, il dubbio che ci assale è che invece ce ne siano altri, nascosti, e allora rimeditiamo, e così via.

Ma credo ci sia, accanto a quelle che abbiamo già evidenziato, un’altra ragione esplicativa del “mito” Escher. Riferendosi a Leonardo da Vinci, Paul Valery nel 1894 scrisse che quel che rimane di un uomo sono i sogni che leghiamo al suo nome. A me pare che i sogni che leghiamo a Escher siano quelli riferentesi ad un mondo libero dal dogmatismo, dall’accettazione acritica e supina della realtà, dal soffocante conformismo. Sogniamo, tutti, di realizzare le nostre aspirazioni, di affermare le nostre idee, di vincere anche le nostre paure. I sogni, infatti, liberano la mente e solo con la mente sgombra da pregiudizi ci predisponiamo ad apprezzare le meraviglie della vita. Qualcuno ha detto che il mondo non perirà per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia, cioè per colpa nostra e della nostra incapacità di stupirci di fronte alla bellezza e al mistero del mondo.

Alla sua piuttosto lunga permanenza in Italia, avvenuta negli anni della sua piena giovinezza anagrafica e formativa, deve essere riconosciuto un valore significativo nella costruzione della sua poetica. Escher incontrò l’Italia nel 1922 e l’abbandonò nel 1936. In questo periodo viaggiò molto, visitando diversi luoghi della nostra penisola. Tra questi vi fu la Calabria che egli percorse a partire dal 28 aprile del 1930
visitando molti borghi con altri suoi tre amici: l’incisore svizzero Giuseppe Haas Triverio, il pittore Robert Schiess, svizzero anche lui, e lo storico francese Jan Rousset. Queste terre mediterranee, così profondamente diverse da quella natia, esercitarono su di lui una profonda attenzione: il sole e la luce del Sud, le architetture geometriche dei paesaggi, le costruzioni verticali sulle rocce, gli strapiombi sul mare, la stratificazione di culture antiche, lo colpirono a tal punto che non poté resistere dal fissare quello che i suoi occhi avidamente bramavano. A ben guardarle, le splendide opere dedicate alla Calabria ci inducono ad affermare che esse furono, insieme alle precedenti, il paradigma su cui si sarebbe innestata la ricerca artistica di Escher dopo la seconda visita all’Alhambra di Granada del 1936 (risalente, la prima, al 1922).
Queste opere dimostrano esattamente due temi che io ritengo di fondamentale importanza nel giudicare la sua opera complessiva: la prima è che non vi è una netta cesura tra queste e le opere successive al 1936; la seconda è che Escher non era affatto alieno al tessuto artistico internazionale a lui coevo. Qualche esempio può semplificare anche visivamente questi assunti. In molte opere “calabresi” non si può non avvertire l’eco sia divisionista che futurista: nelle xilografie dedicate a Morano Calabro e a Rossano, entrambi i riverberi sono avvertibili sia dalla vista dall’alto, poetica centrale dell’aeropittura futurista, sia dalla tecnica divisionista delle linee orizzontali e verticali.

E questi rimandi non sono affatto casuali se pensiamo alla derivazione del futurismo dal divisionismo: Boccioni e Balla, infatti, prima di intraprendere la via futurista si dedicarono alla poetica divisionista. Guardando con attenzione la xilografia di Morano, si avverte altresì “in nuce” l’avvio, con i tetti che man mano che si sale si geometrizzano fino a diventare semplici linee, della strada che condurrà alle metamorfosi. Nella litografia dedicata a Fiumara di Stilo non si può non vedere la deformazione dello spazio, che sarà poi un tratto distintivo della seguente produzione. In queste ed altre opere sono palpabili i volumi cuneiformi di borghi abbarbicati sulle montagne e la prospettiva fortemente verticalizzata.

Il ricordo della Calabria, come del resto di tutta la nostrapenisola, rimarrà sempre indelebile nella sua mente: commuove infatti che nell’opera Dream del 1935 è ripresa la mantide religiosa che aveva disegnato a Pentadattilo cinque anni prima.
La Calabria, patria adottiva di Pitagora cioè di colui che per primo capì l’importanza della matematica per comprendere e descrivere il mondo, ricambia ora questa antica amicizia con Escher, nel 120° anniversario della sua nascita, ricordandolo in questa mostra in cui abbiamo fortemente insistito anche sulla presenza di opere di artisti contemporanei calabresi a maggiore testimonianza che, se da una parte, Escher continua ad esercitare un influsso molto importante sui linguaggi contemporanei, la Calabria, il cui tessuto identitario è il frutto di continue stratificazioni culturali, non poteva dimostrare la sua riconosciuta filoxenia nei confronti di un artista e di un uomo che l’aveva così tanto amata.

Testo in catalogo a cura di Federico Giudiceandrea Curatore della mostra

Nel 1957 Maurits Cornelis Escher ricevette dalla casa editrice De Roos Foundation l’incarico di scrivere un saggio sulla divisione regolare di un piano. Ai conoscitori della sua opera non erano sfuggiti i molti lavori che l’artista olandese aveva dedicato a questo ordine di problemi; Escher stesso, per parte sua, trovò occasione con quell’incarico di sistemare teoricamente tutta una serie di intuizioni e conoscenze che aveva accumulato nel suo lavoro di grafico.
Il risultato di quella ricerca è un lungo articolo corredato da una serie di 6 incisioni. Nell’affrontare il problema, Escher parte dalla sua esperienza di illustratore notando: “un piano che sia considerato illimitato su tutti i lati, può essere riempito con, o diviso in, figure geometriche simili che confinano l’una con l’altra su tutti i lati senza lasciare spazi vuoti”. Torneremo a parlare di questi spazi vuoti; intanto occorre notare che, già prima di concepire quel saggio, l’incisore olandese aveva sviluppato ben 130 tavole con esempi di figure regolari capaci di riempire una superficie – tutte riconducibili a figure geometriche regolari accostate secondo schemi che si ripetevano.
Escher aveva avuto modo di raccogliere esempi e modelli durante una visita all’Alhambra di Granada, che accoglie un ricco repertorio di tali figure geometriche: gli artisti arabi, infatti, dovevano limitarsi ad esse nel decorare le superfici, dato che la loro religione proibisce le raffigurazioni realistiche.

Tuttavia l’interesse per la divisibilità regolare (o periodica) dello spazio è decisamente più antico: i primi tentativi risalgono addirittura all’epoca degli antichi egizi, come testimoniano gli affreschi trovati nelle tombe della Valle dei Re. Il primo ad eseguire tassellazioni del piano usando figure non geometriche fu l’artista viennese Koloman Moser, uno dei fondatori della Secessione viennese che svolse gran parte della sua raffinata attività nel campo delle arti applicate, dedicandosi in particolar modo alla realizzazione di stoffe, vetrate e manifesti, creando altresì tassellature con elementi figurativi che rappresentavano oggetti animati.

Le diverse possibilità di riempire il piano e lo spazio con figure uguali era stato campo d’interesse dei cristallografi che, nel tentativo di classificare le strutture cristalline, si erano chiesti in quanti diversi modi il piano o lo spazio potesse essere riempito con la stessa figura. Il problema specifico dalla tassellatura del piano venne affrontato dai cristallografi Fedorov, Schoenflies e Barlow nel 1891: essi applicarono le tecniche della teoria dei gruppi algebrici elaborata nel 1832 dal giovane matematico francese Evariste Galois2, alle trasformazioni che si possono applicare alle figure del piano. Essi considerarono il caso delle trasformazioni isometriche che lasciano inalterata la forma e le dimensioni delle figure e che possono essere raggruppate in tre categorie: traslazione, rotazione, riflessione. Dimostrarono quindi che, nel caso di isometrie del piano, le possibilità di riempire una superficie piana con figure regolari sono in tutto 17 (tali figure sono chiamate anche wallpaper groups). Anche Escher aveva notato che il piano poteva essere riempito con la stessa figura ed aveva iniziato a formulare una propria metodologia di classificazione (vedi Doris Schattenschneider Visioni della Simmetria I disegni periodici di M.C. Escher Zanichelli 1992) riscoprendo per via grafica che erano diciassette i diversi modi in cui figure uguali potevano, giustapponendole senza lasciare spazi vuoti, riempire il piano. Egli era anche a conoscenza di un articolo di Pólya del 1924, inviatogli da suo fratellastro Beer Escher. (professore di geologia all’ Università di Leida), in cui le 17 possibilità erano state riscoperte e illustrate. Escher aveva poi spinto
oltre la sua indagine considerando anche il colore come elemento distintivo (tasselli adiacenti non potevano condividere lo stesso colore); catalogò in un suo originale schema le diverse possibilità sviluppando una vera e propria teoria. È il caso di mettere in evidenza un punto che ritegno fondamentale. Esso consiste nel fatto che il numero dei modi con i quali si può, usando una figura base, riempire il piano senza lasciare spazi vuoti applicando la traslazione la rotazione e la riflessione è appunto limitato: 17 nel caso di tasselli uniformi e 46 nel caso di tasselli a due colori.

Tra l’altro, anche il numero delle possibili tassellazioni dello spazio con solidi soggetti a isometrie è limitato, sia pure con un ventaglio assai maggiore di possibilità: 230, per la precisione. Anche ciò fu dimostrato dal cristallografo Evgraf S. Fedorov nel 1890. Il problema della suddivisione degli spazi generalizzati a n dimensioni era stato posto da David Hilbert durante il famoso secondo congresso mondiale della matematica tenutosi a Parigi nel 1900. In quell’occasione, Hilbert enunciò 23 problemi allora irrisolti, alle cui soluzioni si adoperarono intere generazioni di studiosi e che hanno poi scandito la storia della matematica moderna. Nel 1920 Ludwig Bieberbach dimostrò che per tutti gli spazi a qualunque dimensione la suddivisione regolare mediante trasformazioni isometriche è limitata oppure, secondo il linguaggio dei matematici, che il numero dei gruppi spaziali per qualsiasi dimensione è limitato.

Queste conclusioni sono sorprendenti. Esse ci dicono che quella realtà che chiamiamo spazio è colmabile con forme uguali, o divisibile in elementi primordiali, non a piacere, ma solo partendo da determinate forme. Lo spazio insomma sembra esso stesso soggetto ad una legge che governa la sua struttura. È il momento di tornare ora su quegli spazi vuoti, che Escher aveva lucidamente riconosciuto come l’essenza del compito che gli era stato dato. Ricordiamo: figure regolari possono riempire una superficie senza lasciare spazi vuoti. Questo compito fa tornare in mente uno dei testi più importanti della filosofia e della cultura occidentale, il trattato Della Natura di Parmenide di Elea.
Il passo che ci interessa è quello dove Parmenide scrive: “... l’essere all’essere è accosto”: sentenza di non facile interpretazione, che ha fornito materia di discussione a generazioni di filosofi. Di null’altro si occupa Parmenide che dell’essere, cioè di cosa il mondo sia e di come esso sia. I nostri sensi ci dicono che il mondo è uno spazio dove si alternano corpi e vuoti. La prova più evidente di ciò è il movimento, del quale tutti facciamo esperienza seguendo ad esempio un corpo che occupa porzioni successive di spazio attraversando il vuoto. Ma i sensi e l’esperienza, secondo Parmenide, non rivelano la verità; solo la ragione, procedendo per deduzioni, può condurci a quella meta. Parmenide era stato certamente a contatto con la scuola pitagorica probabilmente quale discepolo del pitagorico Aminia. Pitagora fu il primo filosofo a distinguere tra la realtà rilevata dall’apparenza da quella rivelata dalla ragione: convinto che ogni grandezza potesse essere espressa in forma numerica come rapporto tra numeri, da lui considerati l’archè di tutte le cose. Nel tentativo di trovare il rapporto tra il lato e la diagonale di un quadrato si imbatté in un risultato inaspettato che andava contro il senso comune: trovò infatti che non era possibile esprimere il rapporto tra queste due grandezze, il lato e la diagonale di un quadrato, attraverso il rapporto tra due numeri interi. In altre parole, comunque si suddivida in parti uguali sia la diagonale che il lato di un quadrato, non si giungerà mai ad un segmento di lunghezza definita in modo tale che sia la diagonale che il lato ne rappresentino dei multipli interi. Pitagora aveva dimostrato l’incommensurabilità della diagonale del quadrato rispetto al lato. Questa scoperta andava, oltre che contro il senso comune, soprattutto contro la sua stessa opinione che ogni cosa fosse esprimibile come rapporto di numeri interi. Per non fare crollare la certezza della corrispondenza tra il mondo dell’apparenza ed il mondo della ragione, confinò la scoperta all’interno della sua scuola. Ma fu partendo proprio dalla considerazione che questi due mondi non necessariamente dovevano coincidere che Parmenide sviluppò i suoi ragionamenti. Il principio della filosofia di Parmenide partiva da una semplice affermazione: L’essere è, il non essere non è.
Da qui si sviluppa secondo un ragionamento che possiamo così riassumere (riprendendo l’elenchus proposto da Karl Popper):

  1. Se il non essere non è, ciò comporta che
  2. il nulla non può esistere. Se il nulla non esiste, ciò comporta che
  3. il vuoto non esiste. Se il vuoto non esiste, ciò comporta che
  4. il mondo è pieno. Se il mondo è pieno, ciò comporta che
  5. non vi è spazio per il movimento e per il mutamento (considerato una forma di movimento). La conclusione è che
  6. il movimento e il mutamento sono impossibili.

I fenomeni percepiti attraverso i nostri sensi, nella rivoluzionaria visione di Parmenide, sono apparenze ingannevoli. Il mondo è uno spazio pieno, unitario, immobile, senza tempo.

È ora evidente a quale lido approda questo excursus nell’ontologia parmenidea. “L’essere all’essere è accosto”; ovvero, come abbiamo visto nella proposizione iv): il mondo è pieno. Riempire una superficie (o un volume) con forme regolari senza lasciare spazi vuoti è la missione di Escher. Parmenide illustrato da Escher, dunque? La risposta non è così semplice. Diciamo piuttosto che il filosofo e l’artista affrontano la stessa sfida: il primo con la ragione, deducendo il mondo da un assunto a priori; il secondo con le figure geometriche, studiando le loro combinazioni. “Scienza e arte, percepite per lo più come attività e linguaggi differenti dell’uomo, indagano spesso sugli stessi oggetti e hanno forme di rappresentazione comuni”, come nota il matematico Piergiorgio Odifreddi (cfr. Penna, pennello e bacchetta – Le tre invidie del matematico, Laterza, Bari, 2005).

La scuola filosofica di Elea, una volta affermato il dualismo tra apparenza e verità, aveva proseguito alla ricerca di ulteriori contraddizioni tra la δοξα (l’apparenza) e la αλεθεια (la ragione) trovando ulteriori paradossi (παρα δοξα = contro l’apparenza). In particolar modo Zenone, discepolo di Parmenide, aveva formulato diversi paradossi che evidenziavano l’illusorietà del movimento. Tra essi il più noto, legato alla suddivisione all’infinito dello spazio, è quello della freccia che non raggiunge mai il bersaglio: infatti la freccia, prima di raggiungere il bersaglio, deve percorrere metà della strada e quindi la metà della metà e poi la metà del rimanente percorso in una regressione all’infinto per cui alla fine non raggiungerà mai il bersaglio. In seguito, proprio nel tentativo di risolvere i paradossi generati dalla suddivisione all’infinito, Leucippo e Democrito, della scuola filosofica di Abdera, introdussero il concetto di atomo (a-tomo dal greco τομος taglio, divisione, con l’aggiunta del-l’α privativo) quale elemento primordiale indivisibile che compone il mondo.
Supposto il mondo pieno, sorge quindi spontanea la domanda come siano e come siano disposti gli atomi che lo compongono. Ora, come già è stato osservato, i modi attraverso i quali elementi uguali riempiono il piano (ma anche lo spazio) senza lasciare vuoti sono limitati e la rappresentazione delle limitate possibilità è magistralmente raffigurata nelle tassellazioni di M.C. Escher.
È quindi affascinante ritenere che le tassellature di Escher rispecchino in qualche modo l’essenza stessa dello spazio e del tempo.

Questa suggestione si rafforza al pensiero che la moderna fisica delle particelle, che si pone in chiave moderna il problema della ricerca dell’atomo (nel senso di Leucippo e Democrito) usa, nel ricercare gli elementi costituenti la materia, lo stesso formalismo algebrico usato dai cristallografi per dimostrare la finitezza del wallpaper group. La ricerca di elementi che mantengono le loro proprietà alla presenza di trasformazioni sono alla base della moderna fisica teorica.
Ma la suggestione continua considerando le trasformazioni di spazi tassellati, cioè quelle costruzioni che Escher chiamava metamorfosi, illustrate magistralmente in lavori come Verbum, oppure negli assoluti capolavoro escheriani Metamorfosi, che descrive mondi pieni, parmenidei, senza vuoti, ma in continua trasformazione.

Questo modo di vedere il cambiamento come continuo passaggio tra mondi pieni, da una tassellatura all’altra, suggerisce una possibile soluzione della rappresentazione del tempo come ulteriore coordinata spaziale, così come esso viene considerato dalla teoria della relatività di Albert Einstein. Qui lo spazio- tempo è visto come un continuo ed il tempo è considerato come una ulteriore dimensione che si aggiunge alle tre dimensioni spaziali (alto-basso, destra-sinistra, avanti-indietro). Un punto quindi non si muove nello spazio ma rappresenta una traiettoria nello spazio-tempo: è come se ogni istante fosse già presente su di una pellicola cinematografica tridimensionale.
In questo continuo spaziotemporale atomi quadridimensionali potrebbero riempire il tutto senza lasciare spazi vuoti e senza ostacolare il movimento, risolvendo in modo definitivo il paradosso del moto di Parmenide. Questa interpretazione piaceva allo stesso Albert Einstein che, almeno in questo senso, arrivò a definirsi parmenideo. L’occasione gliela offrì un colloquio con Karl Popper, il quale aveva prospettato a Einstein questa idea, ossia: “che il mondo fosse un universo chiuso a quattro dimensioni, nel quale il cambiamento era un’illusione umana, o qualcosa di molto simile”. Ricorda Popper: “Egli era d’accordo che questa fosse la sua opinione e discutendo di ciò io lo chiamai Parmenide”.
Fino al 1972, anno della sua morte, Escher produsse una serie di lavori stupefacenti basati sulla tassellazione del piano e dello spazio, esplorando 16 dei 17 gruppi di simmetrie. Le figure da lui sviluppate su questa linea di ricerca combinano elementi contrapposti come il giorno e la notte, l’acqua e l’aria, il bene ed il male, raffigurati come atomi che compongono senza lasciare spazi vuoti il nostro mondo. Essi illustrano in maniera suggestiva la costrizione del determinismo e la conseguente negazione del movimento.

SCHEDA TECNICA

Titolo
Escher.
La Calabria, il Mito
Sede
Complesso Monumentale del San Giovanni - Catanzaro
Date al pubblico
20 novembre 2018 - 20 gennaio 2019

Mostra a cura di Federico Giudiceandrea Domenico Piraina
Una mostra prodotta e organizzata da Comune di Catanzaro Assessorato alla Cultura Città di Catanzaro
Con Arthemisia
Con il contributo di Regione Calabria
In collaborazione con Escher Foundation

Sponsor Cotto Cusimano Gioielleria Megna Camera di Commercio di Catanzaro Farmacia Costa degli Aranci
Partner UMG Accademia di Belle Arti di Catanzaro
Progetto di allestimento BC Progetti di Alessandro Baldoni e Giuseppe Catania con Francesca Romana Mazzoni
Grafica di mostra e immagine coordinata Angela Scatigna con Doretta Rinaldi
Progetto didattico e visite guidate 4Culture
Catalogo Maurits srl

Orario apertura
Tutti i giorni dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 20.00 Lunedì chiuso
(la biglietteria chiude mezz'ora prima)

Aperture straordinarie
Sabato 8 dicembre 9.30 alle 12.30 / 16.00 alle 20.00
Lunedì 24 dicembre 9.30 alle 12.30
Martedì 25 dicembre 16.00 alle 20.00
Mercoledì 26 dicembre 9.30 alle 12.30 / 16.00 alle 20.00
Lunedì 31 dicembre 9.30 alle 12.30
Martedì 1 gennaio 16.00 alle 20.00
Domenica 6 gennaio 9.30 alle 12.30 / 16.00 alle 20.00 (la biglietteria chiude mezz'ora prima)

Biglietti
Intero € 8,00
Ridotto € 6,00
65 anni compiuti (con documento); ragazzi da 6 a 18 anni non compiuti; studenti fino a 26 anni non compiuti (con documento o altro documento attestante l’iscrizione); militari di leva e appartenenti alle forze dell’ordine; dipendenti del Comune di Catanzaro e delle società partecipate Catanzaro Servizi e AMC; gruppi adulti min 15 pax

Ridotto scuola € 4,00
min 15 pax (scuole, università e istituti di alta cultura)

Omaggio
Bambini fino a 5 anni non compiuti; diversamente abili con accompagnatore; insegnanti in visita con alunni/studenti (2 ogni gruppo); soci ICOM (con tessera); possessori di coupon di invito; possessori di Vip Card Arthemisia; guide turistiche abilitate con tesserino di riconoscimento, dipendenti della Soprintendenza ai Beni Paesaggistici e Architettonici; giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti) in servizio previa richiesta di accredito da parte della Redazione all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Biglietto Open € 10,00 + 1,50 prevendita Consente lʼingresso alla mostra senza necessità di bloccare la data e la fascia oraria.
Diritti di prenotazione e prevendita:
Singoli € 1,50 per persona

Visite guidate
(tariffe biglietto escluso, prenotazione obbligatoria)
Tour guidato per le scuole € 5,00 a studente (min. 20 studenti)
Laboratori creativi-didattici per le scuole € 6,00 a studente (min. 10 – max 20 studenti)
Visita guidata adulti € 5,00 a partecipante (min. 15 – max 30 persone)

Informazioni e prenotazioni
T. + 39 348 724 67 47
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Sito
www.catanzarodascoprire.it

Hashtag ufficiale
#EscherCatanzaro

Ultima modificaVenerdì, 28 Dicembre 2018 02:54
  • Data inizio: Martedì, 20 Novembre 2018
  • Data fine: Domenica, 20 Gennaio 2019
  • Evento a pagamento:

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